C’è una data del ’14 scritta nella storia a lettere rosso sangue e grigio fango: è il 28 giugno. “Come faccio a esserne così sicuro?”, si chiederà qualcuno. Perché è una data del passato, mica del futuro: il 28 giugno 1914, a Sarajevo, venne ucciso l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando. Quell’episodio fu il ‘casus belli’ della prima guerra mondiale, la Grande Guerra, una carneficina con decine di milioni di morti che, al di là della denominazione oggi diremmo ‘globale’, fu un vero e proprio conflitto civile europeo.

Basta, a mio avviso, quel riferimento a ridare senso e attualità al progetto d’integrazione europea, che è garante della pace più lunga mai conosciuta dal Vecchio Continente, nonostante la sua presa sui cittadini si sia allentata negli anni della crisi, anche a causa di politiche lontane da quegli ideali di solidarietà e di cooperazione che l’avevano ispirato.

Proprio a cent’anni dalla Grande Guerra, e a sessant’anni dall’affossamento della Comunità europea di difesa, la Ced, bocciata senza appello da un voto dell’Assemblea nazionale francese e ancora lontanissima oggi, il 2014 propone scadenze pesanti: in chiave europea, le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo; in chiave italiana, la presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’Ue, dal 1° luglio al 31 dicembre.

Il voto darà una misura di quanto l’euro-scetticismo sia diffuso nei Paesi Ue. La presidenza dirà se e quanto l’Italia è in grado e ha la volontà di esercitare ancora la spinta europeista che ha sempre caratterizzato i suoi precedenti semestri, nel 1980, nell’’85, nel ‘90, nel ‘96, nel 2003. Negli auspici del presidente Napolitano e del premier Letta, il semestre italiano dovrebbe segnare lo “spartiacque” tra l’Ue del rigore e quella della crescita: belle parole, che bisogna però mettere in pratica.

Qualche venatura d’ottimismo a inizio 2014 s’intravvede: i dati economici migliorano (in Italia, però, meno che altrove); la zona dell’euro si allarga con l’ingresso della Lettonia (e così fanno 18: la moneta unica che, nelle previsioni delle cassandre, sta per perdere pezzi continua a guadagnarne); e ci sarà una successione di presidenze mediterranee, prima la Grecia, poi l’Italia. Il tandem Atene-Roma può spingere sui temi dell’immigrazione e dei rapporti coi Paesi della Riva Sud.

Con i 28 dell’Ue, sarà mezzo pianeta ad andare al voto nel 2014: consultazioni magari non decisive come il trittico di presidenziali del 2012 – Russia, Francia, Usa -, ma capaci di impatto sugli equilibri politici globali. Le date più significative della ‘staffetta della democrazia’ sono le elezioni europee del 22 e 25 maggio, le presidenziali e legislative in Sud Africa ad aprile, le legislative in India durante tutto il secondo trimestre – il voto, laggiù, è a singhiozzo -, le politiche in Brasile il 5 ottobre, le legislative di ‘midterm’ negli Usa il 4 novembre. Il 18 settembre la Scozia farà un referendum sull’indipendenza dalla Gran Bretagna. E l’elenco comprende decine di consultazioni presidenziali e politiche in altri Paesi di tutti i Continenti, dall’Egitto all’Indonesia, da Bolivia e Colombia a Iraq e Afghanistan. Senza neppure contare centinaia di amministrative di vario livello.

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