E’ il primo amministratore delegato donna di un gruppo automobilistico. Non dovrebbe essere questa la notizia, ma in questo settore è purtroppo la prima cosa che salta all’occhio della nomina di Mary Barra al vertice della General Motors. Il passaggio di consegne avverrà il 15 gennaio 2014. L’attuale a.d. Dan Akerson – il terzo da quando il Governo Obama aveva chiesto la testa di Rick Wagoner e in carica dalla fine del 2010 – ha traghettato la GM in uno dei periodi più difficili della sua storia, ma ora ha scelto di ritirarsi per stare più vicino alla moglie malata. Akerson aveva anticipato già da alcuni mesi la possibilità che fosse una donna a succedergli alla direzione della GM: aveva parlato di una “car gal”, versione femminile di “car guy”: il termine si usa per definire quei dirigenti che hanno grande esperienza nel campo dell’auto e passione per i motori. Mary Barra non solo è cresciuta in GM, con 33 anni di carriera alle spalle, ma ci è anche nata, metaforicamente parlando, visto che suo padre ha lavorato come operaio nella stessa società per 38 anni.

Mary Barra, 52 anni fra pochi giorni, è attualmente vice presidente esecutivo con delega allo sviluppo del prodotto, ma ha ricoperto molti ruoli diversi da quando, a soli 18 anni, ancora studentessa, iniziò a lavorare come tecnico in uno stabilimento Pontiac. Uno dei suoi compiti recenti è stato quello di ottimizzare i costi di sviluppo e di approvvigionamento condividendo i componenti dei numerosi modelli del gruppo (che in Europa commercializza vetture con i marchi Opel, Chevrolet e Cadillac). L’amministratore delegato uscente ha dichiarato che l’abilità di Barra di portare ordine del caos della strategia di prodotto ne fa la persona giusta per guidare la maggiore casa automobilistica americana. A maggio, la rivista Forbes l’aveva posizionata al 35esimo posto nella classifica delle donne più potenti del mondo, in salita dal 41esimo posto del 2012.

La nomina di Mary Barra è avvenuta nello stesso giorno in cui il Governo americano ha venduto l’ultima delle azioni acquisite all’epoca in cui la GM dichiarò bancarotta, nel 2009. Il presidente americano Barack Obama ha ricordato come scelse di intervenire in aiuto di due delle “big three” americane dell’auto, GM e Chrysler (Ford se la cavò da sola) perché “un altro milione di americani era a rischio di perdere il lavoro”. Nel 2011, ha detto Obama, la Chrysler ha restituito il prestito fatto dai contribuenti americani, e oggi “General Motors ha ripagato ogni dollaro che la mia amministrazione ha impegnato nel suo salvataggio, più alcuni miliardi investiti dalla precedente amministrazione”. Per la precisione, il Tesoro americano ha recuperato 39 miliardi di dollari dalla GM, cui ne aveva prestati 36,1 sotto l’amministrazione Obama e 13,4 prima (per un totale di 49,5 milioni). Mancano quindi all’appello oltre 10 miliardi di dollari, ma Obama ha detto di essere soddisfatto perché oggi le “big three” sono tornate al profitto e hanno creato 372.000 nuovi posti di lavoro negli ultimi cinque anni. Secondo uno studio del Center for Automotive Research riportato da Bloomberg, se nel 2009 GM e Chrysler fossero state liquidate, negli Usa si sarebbero persi 2,36 milioni di posti di lavoro.

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