Una norma sugli stadi potrebbe arrivare con la legge di Stabilità, ma di sicuro non ci sarà nessuna “cementificazione”. Dopo le polemiche sollevate dall’annuncio di un emendamento del governo per consentire sì di costruire nuovi stadi con procedure semplificate insieme però alla possibilità di costruire anche palazzi ed aree commerciali, pure in aree “non contigue” agli impianti sportivi, lo stesso esecutivo, a più voci, ha fatto sapere che una norma in effetti è allo studio ma che non ci sarà alcun rischio di alimentare speculazioni edilizie, proprio l’allarme lanciato nelle stesse ore da architetti e Legambiente. Sul caso era finito in frantumi lo stesso esecutivo: il ministro dello Sport Graziano Delrio aveva rassicurato che non c’erano rischi di cementificazione, mentre il collega dell’Ambiente Andrea Orlando aveva dato subito “parere fortemente negativo”. Qui dentro si inseriva anche l’intervento di Dario Nardella, deputato renziano che era tra i primi firmatari di un primo progetto di riforma che denunciava al fattoquotidiano.it come il suo testo fosse stato stravolto e poi ripresentato come emendamento del governo.

Orlando ha oggi spiegato che non si tratta di “contrarietà o ostilità nei confronti degli stadi”, ma di pensare a un provvedimento almeno coordinato con il disegno di legge già approvato in estate dal governo per fermare il consumo del suolo: un conto, insomma, è permettere di costruire “in aree vergini”, altro sarebbe puntare sulla “riqualificazione” di “periferie urbane, capannoni vuoti o aree degradate”. Alla fine Delrio in mattinata aveva assicurato che il testo sarebbe stato riscritto, mentre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanni Legnini (Pd) ha addirittura prospettato che l’emendamento del governo possa non essere neanche ri-presentato.

La questione si sta ancora valutando in queste ore e cresce la contrarietà anche tra i parlamentari, ma se ci sarà l’emendamento dovrebbe comunque portare la firma dei relatori e non del governo e non dovrebbe appunto più contenere né l’apertura all’edilizia residenziale, né la possibilità di costruire lontano dai nuovi impianti. E anzi, come ha riferito il senatore del Pd Raffaele Ranucci, dovrebbe prevedere in più un riferimento al “riutilizzo delle strutture esistenti”, così come peraltro hanno già fatto o stanno facendo ad esempio “la Juventus o l’Udinese”. Per Ranucci si dovrebbe pensare anche all’uso degli stadi di proprietà dei Comuni, attraverso concessioni lunghe alle società che si impegnano nella riqualificazione (“Penso – ha detto – a città come Palermo, Napoli o Bari”).

L’importante è evitare “colpi di mano”, come ha chiesto anche Ermete Realacci, come quello che si prospettava con la prima scrittura della norma. A tradurla ci ha pensato Legambiente stimando in circa un migliaio i Comuni a rischio speculazione, visto che nella bozza non si parlava “solo di stadi delle squadre di serie A” come si era pensato nella scorsa legislatura per “rendere moderni gli stadi di 8-10 città candidate agli Europei di calcio”, ma si prevedeva il via libera a procedure “accelerate e semplificate” anche per strutture con “500 posti al coperto o 2000 allo scoperto”. Con annessa cementificazione selvaggia “in deroga a tutte le norme”, proprio mentre si vedono in Sardegna disastri creati dal “maltrattamento dei territori”. Peraltro, hanno osservato anche gli architetti, l’Italia non ha bisogno di nuove case visto che “abbiamo già 30 milioni di alloggi e 120 milioni di vani”. Meglio dunque “valorizzare il patrimonio urbanistico” esistente. Magari ridiscutendone in altra sede, dando tempo al Parlamento “di approfondire”.

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