Sulla strage di Lampedusa sono stati consumati già fiumi di parole, e di retorica, nel dibattito pubblico nostrano. Tanti hanno giustamente sottolineato l’ipocrisia di uno Stato buffone che dopo la tragedia proclama il lutto nazionale, e intanto incrimina per il reato di immigrazione clandestina i superstiti. E il cinismo di quei politici che lacrimano come scolaretti a beneficio delle telecamere, dopo aver fieramente sostenuto l’approvazione di una legge, la Bossi-Fini, che ammette i respingimenti al paese di origine in base ad accordi bilaterali con stati in cui la detenzione e la tortura per motivi politici sono all’ordine del giorno, per impedire ai barconi di attraccare sulle nostre coste.

E che prevede il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per chiunque porti in Italia dei migranti senza visto. Col risultato poco lusinghiero di costringere gli immigrati a buttarsi in mare nel tentativo disperato di raggiungere la riva a nuoto, o di causare l’incriminazione di quei pescherecci che salvano i naufraghi da morte certa*.

Ma del cordoglio più o meno sincero e delle nostre contraddizioni giuridiche sanno quasi tutti, ormai. È meno noto, invece, che appena tre giorni prima c’è stata un’altra strage, sempre nelle acque di Lampedusa, che è passata quasi inosservata. E pochi sanno che, in questi giorni tragici, ci sono politici che neanche provano a fingere un po’ di cordoglio, e aizzano invece i loro fan contro i passeggeri disperati dei barconi.

C’è, per esempio, nella Provincia di Padova, un rappresentante politico del Pdl che scrive sul suo blog: “Viaggio della speranza? Ma ancora con queste idiozie? Un barcone di stupratori. Ecco chi andiamo a salvare in mezzo al mare, ecco per chi, il lutto nazionale.”. In un post convenientemente illustrato dall’immagine di uno stupro, che subito viene rilanciato dai tanti focolai di non-umanità accesi qui e là nella rete.

Per esempio da “Ultima difesa”, comunità Facebook orientata a destra. I cui gestori, peraltro, scambiano per vera la notizia pubblicata su un sito satirico (Lercio.it) secondo cui la ministra Kyenge avrebbe esortato a nutrire i naufraghi col cibo destinato agli animali domestici, e provano quindi ad aizzare i fan in difesa dei loro gattini affamati. E dalla miriade di altre pagine estreme che inneggiano al duce e hanno eletto Laura Boldrini e Cecile Kyenge nemici pubblici numero uno (mi chiedo, alla luce dell’inondazione di minacce che la Presidente della Camera riceve quotidianamente, come si possa ancora polemizzare sulla sua scorta). Per non parlare del sito razzista “Tutti i crimini degli immigrati” (i cui gestori, naturalmente, tengono a far sapere di non essere razzisti), che si è sobbarcato la missione altissima di dipingere qualsiasi migrante come un ladro o uno stupratore.

Propaganda che alimenta odio e discriminazione, che si manifestano in tanti altri gesti più o meno significativi, come quello del sindaco di Gemonio, che rifiuta di esporre la bandiera a mezz’asta in segno di lutto, o degli ultras che ieri in diversi stadi hanno intonato a squarciagola l’inno di Mameli durante il minuto di raccoglimento per le vittime della strage. Cori che, come spiega Enrico Currò su Repubblica, nel linguaggio cifrato delle curve indicano una presa di posizione politica, contro lo ius soli e il diritto di cittadinanza agli immigrati.  

Il pretesto per speculazioni non umane sulla propensione alla criminalità dei naufraghi di Lampedusa è la notizia, riportata da La Sicilia.it, che una superstite avrebbe abortito durante il trasferimento nel deserto, prima di raggiungere il barcone. Secondo la testimonianza di un medico dell’ospedale Civico di Palermo la donna “Avrebbe subìto un’interruzione di gravidanza durante il tragico trasferimento nel deserto perché, da quello che abbiamo capito, tutte le donne hanno subìto violenza”. Su La Sicilia.it né il giornalista né il testimone azzardano ipotesi sui responsabili della violenza durante il trasferimento nel deserto. E la stessa notizia della violenza viene riportata, per il momento, in forma dubitativa. È ovvio che la questione sia da accertare, e non sarà facile.

I produttori di non-umanità invece non hanno dubbi: lo stupro c’è stato, ed è stato commesso proprio dai migranti. Gli stessi che poi sono stati trovati abbracciati in fondo al mare dai nostri sub sconvolti, forse. Al punto che il barcone viene additato, dal rappresentante del Pdl e dai suoi fan, come un cargo carico di stupratori feroci.

Nel frattempo, se la legge ha fatto il suo corso la protagonista della tragedia è stata probabilmente incriminata del reato di immigrazione clandestina, punibile con l’espulsione immediata e la multa fino a 5mila euro. Da che parte sta la ferocia?

* Nota: la legge Turco-Napolitano, poi confluita insieme alla Bossi-Fini nel Testo Unico sull’Immigrazione, stabilisce che “Non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno”. Tuttavia esistono precedenti poco rassicuranti, per gli eventuali soccorritori: l’8 agosto del 2007 i capitani tunisini di due pescherecci salvarono 44 naufraghi che stavano per affogare e li accompagnarono nel porto più vicino, quello di Lampedusa. Vennero sospettati di essere scafisti, subirono un processo lungo quattro anni (con una prima condanna a più di due anni), 40 giorni di carcere e il sequestro degli strumenti di lavoro.

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