Piccoli problemi di pronuncia, accenti esotici, qualche inevitabile errore grammaticale. La vostra richiesta di informazioni sul piano tariffario o sul canone tv è appena stata esaudita a Tirana, a Bucarest o in Argentina. Succede da tempo che le grandi aziende spostino il loro servizio di assistenza clienti all’estero per abbattere i costi del lavoro. La crisi ha solo accresciuto il fenomeno. Tutti o quasi i grandi call center lavorano anche fuori dall’Italia: numerosi operatori di Vodafone, Wind o Sky rispondono in realtà da Romania e Albania.

L’ultimo caso in ordine di tempo potrebbe essere quello di Fastweb. E’ quanto temono e denunciano i lavoratori di E-Care, una delle società che gestisce il customer care, il servizio di telefonia dell’azienda di telecomunicazioni. E-Care è controllata da Alfio Marchini, ex candidato sindaco e attuale consigliere comunale a Roma, una quota rilevante è in mano al gruppo Caltagirone. Nei giorni scorsi l’annuncio di 150 esuberi nel sito di Milano. Motivo: da settembre Fastweb, una delle principali società committenti, ha intenzione di terminare il contratto con E-Care. Come sempre accade, persa la commessa d’oro vanno via i lavoratori.

Negli scorsi giorni gli incontri con le parti sociali sono riuscite a limitare i danni: l’ultimo accordo prevede un prosieguo, seppur minore, della collaborazione tra Fastweb e E-Care. I posti di lavoro a rischio, al momento, sono un centinaio circa.

La domanda però rimane: perché il gruppo delle telecomunicazioni vuole liberarsi della commessa? L’ipotesi dei lavoratori E-Care è precisa e l’hanno riportata in un comunicato firmato da tutte le organizzazioni sindacali: “Le motivazioni sono da ricondursi non alla mancanza di lavoro” scrivono “ma alla selvaggia competizione del mercato che porta anche allo spostamento delle attività dall’Italia verso l’estero”. Nel documento si parla di “delocalizzazioni selvagge delle attività all’estero in nome solo del profitto”.

I lavoratori hanno chiesto spiegazioni a Fastweb, “ma non hanno voluto rispondere” spiega Antonella Berardocco, dipendente e rappresentante sindacale di E-Care. “A noi il dubbio rimane” aggiunge “Non sarebbe la prima volta che ci viene tolta una commessa per spostare l’attività fuori dai confini”. Anche ilfattoquotidiano.it ha chiesto chiarfimenti a Fastweb che, per il momento, non ha fornito risposte.

“La trattativa va avanti, abbiamo raggiunto un discreto risultato: molti licenziamenti sono stati scongiurati” dice Riccardo Saccone, coordinatore nazionale delle telecomunicazioni per la Cgil. “Certo, il problema delle delocalizzazioni c’è ed è grande come una casa in Italia. Non ci sono prove che Fastweb non voglia muoversi in quella direzione, per fortuna ora le aziende sono almeno obbligate a darne notizia al ministero”.

Poco più di un anno fa la stessa Fastweb ha dato vita a una maxi operazione di esternalizzazione delle attività di customer care. Con il servizio di call center sono stati ceduti anche 700 lavoratori. Centoventi sono finiti al colosso cinese Huawei, la maggior parte, poco meno di 600, a Visiant Contact. E’ tra le società leader nel settore call center, con migliaia di dipendenti, in Italia e all’estero. Lavoratori di otto diverse città sono stati trasferiti ad una nuova società con pochi giorni di preavviso, tramite un fax. E tutto sommato è andata bene: quella volta lavoro e salari non hanno preso il volo per un altro paese. 

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