Guardavo un video, su un rinomato quotidiano nazionale, in merito alla pistolettata che ha attinto un rapper brasiliano uccidendolo. In alternativa, nelle ultime settimane, ha avuto un certo successo la fotografia di un presunto pedofilo messicano trafitto da decine di pugnalate (con i coltelli in bella vista) o i tanti video di dissennate uccisioni, decapitazioni, mostruosità a cui la rete e Internet ci sta sbadatamente abituando.

Un lento e costante lavorio di “insensibilizazione” che, coniugato con le giuste dosi di morbosa curiosità, ci stabilizza sul ciglio di un precipizio. Una volta stabilizzati si scende, accompagnati da immagini di sempre maggior crudeltà.

Una sorta di “snuff movie” per gente perbene di cui Internet e la rete si elevano a diretti e massimi propugnatori. A differenza di quelli originali (presunti) a sfondo pornografico la nostra alimentazione di snuff movie ha prevalentemente uno sfondo annichilente. Il più delle volte assolutamente gratuito ma ben più impressionante della tanto criticata e vituperata produzione cinematografica; perché in questo ultimo caso veniva fatta salva la possibilità che una mente equilibrata potesse differenziare la finzione dalla realtà mentre, nella oscena diretta della rete, tale finzione cessa di esistere. Quello a cui assisti accade nella eraltà e non su un set.

Lungi da me intonare un peana alla censura. Mi basterebbe trovare conforto in chi mi legge e commenta rispetto al mio assoluto spaesamento: e ragionare in  merito al fatto che la libertà di stampare, di produrre e filmare tutto di tutti dovrebbe coniugarsi con la maturità di chi guarda e legge, che mai dovrebbe venire meno e che sempre andrebbe esacrato.

Sappiamo che così non è e lo sappiamo fin dall’antichità in cui l’esecuzione in piazza attirava “dal contado” migliaia di assetati (di sangue) visitatori. Oggi questo ci è permesso senza alzare il nostro prezioso sederino dalla sedia ma senza che, alla pari di mille o duecento anni or sono, il boccone del panino che stiamo mangiando ci vada di traverso.  

Banchettiamo, al contrario, spingendo la nostra avida e latente mostruosità verso video o foto sempre più cruente diventandone, tramite condivisione, messaggeri e ambasciatori senza pena. Accettiamo che il nostro diario virtuale sia villipeso dalla morte reale e rilanciamo questo strazio con soave leggerezza più propensi a cancellare un amico che ci offende rispetto ad un amico che posta, accompagnato da un like, la straziante immagine di una vita che se ne è andata.

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