Poco più di una settimana prima del terremoto dell’Aquila, esattamente il 31 marzo del 2009, Guido Bertolaso, all’epoca capo della Protezione Civile, convocò la commissione Grandi Rischi per rassicurare la popolazione del capoluogo abruzzese sulla possibilità che stesse per scatenarsi un pesante terremoto, viste le scontinue scosse che si susseguivano da giorni. Così avvenne. Solo che nella notte tra il 5 e il 6 aprile la “grande scossa” arrivò davvero. E Il tranquillizzante comunicato emesso “su commissione” dalla commissione Grandi Rischi venne smentito da un sisma del 5 grado della scala Richter e  309 morti sotto le macerie di una città implosa su se stessa.

Di chi la colpa? L’ex capo della Protezione Civile è già stato processato nell’ambito del procedimento penale contro l’intera commissione Grandi Rischi (tutti condannati in primo grado). Ma il pm responsabile dell’indagine, Roberto Picuti, aveva poi chiesto l’archiviazione della posizione di Bertolaso, non essendo riuscito a dimostrare l’effettivo ruolo svolto dell’ex capo della protezione civile nel mancato allarme. Poi, però, sono emerse delle intercettazioni. Che la stampa ha pubblicato a gennaio. E dove è emerso tutto un altro film. E cioè che sicuramente Bertolaso non aveva le competenze scientifiche per indirizzare gli esiti della riunione della Commissione Grandi Rischi sulla possibilità di un terremoto imminente, ma fu invece artefice dell’istruzione di una tentacolare “operazione scientifica di comunicazione di massa” da cui scaturì la decisione della popolazione di restare nelle case anziché fuggire e salvarsi.

Ebbene, grazie alla pubblicazione, sui giornali, di alcune intercettazioni che dimostrano come Bertolaso agì in modo meticoloso per rassicurare una popolazione che non andava affatto rassicurata, anzi, il Gip del Tribunale dell’Aquila ha deciso di concedere un ulteriore supplemento di indagine alla Procura, anche su sollecitazione di alcune parti civili del precedente processo, sostenute dall’avvocato Stefano Parretta. Il Gip, Giuseppe Romano Gargarella, dopo aver valutato i testi delle intercettazioni che sono state pubblicate, ha quindi dato il via libera ad ulteriori accertamenti che dovranno concludersi entro il 31 dicembre di quest’anno. Per l’ex capo della Protezione Civile è stato ipotizzato il reato di cooperazione in omicidio colposo (art 113 c.p).

Dunque, rimane aperta una pagina indecente e dolorosa della gestione della tragedia dell’Aquila, decisa dal Gip l’11 giugno scorso e resa pubblica il 14. Sembra che la lettura di quelle intercettazioni abbia destato sincera impressione nei giudici delle indagini preliminari, soprattutto le conversazioni tra Franco Barberi e Daniela Stasi, all’epoca assessore regionale abruzzese alla Protezione Civile. Così come quelle con Enzo Boschi, ma soprattutto quella in cui, a terremoto appena avvenuto, Bertolaso chiamò Gianni Letta, sottosegretario alla Presienza del Consiglio, per chiedere di ammorbidire la stampa proprio sotto il profilo dell’allarme non considerato e anzi messo letteralmente a tacere dalla Commissione Grandi Rischi con un comunicato “dettato dall’alto”. Da quelle conversazioni, secondo gli avvocati delle parti civili, emergerebbe con chiarezza il ruolo di Bertolaso quale “mandante” di un’operazione mediatica che prima ha amplificato al massimo gli effetti di un messaggio “rassicurante e tranquillizzante, destinato al maggior numero di persone” per non far temere un disastro incombente, quindi avrebbe tentato di mettere la sordina agli effetti mediatici post terremoto per via del mancato allarme, sempre da parte della commissioneGrandi Rischi, attraverso le più alte cariche istituzionali. Secondo gli avvocati, dal materiale acquisito e dalle intercettazioni, emergerebbe addirittura una responsabilità dolosa da parte di Bertolaso, di chi – cioè – “non solo ha previsto l’evento terremoto (e la conseguente morte di numerose persone) e ciononostante ha agito, predeterminando, la tenuta, il contenuto e gli obiettivi di quella riunione”.

Per gli avvocati, insomma, ci fu una inversione voluta del corretto flusso di informazioni: non fu la Commissione Grandi Rischi a fornire alla Protezione Civile i dati scientifici e le nozioni per tutelare al meglio la vita delle persone, ma fu la Protezione Civile a predeterminare e ad imporre contenuto e obiettivi della riunione alla Commissione Grandi Rischi, che si riunì a l’Aquila (per meno di un’ora, saluti e convenevoli compresi) al solo fine di “fare una cosa mediatica”. E Bertolaso fu il regista assoluto di questa pantomima, prima e dopo il disastro. Dalle intercettazioni, secondo il Tribunale dell’Aquila, emergerebbe “una personalità egocentrica del Capo del Dipartimento Protezione Civile, affetta da un complesso di onnipotenza, ossessionata non dalla responsabilità e importanza del proprio compito, (lo si ripete, la protezione della incolumità fisica dei cittadini) ma dal terrore della “brutta figura”, dalle polemiche sugli organi di stampa, dai “cretini” che, ai suoi occhi, rischiano di esporlo al pubblico ludibrio”.

E sempre dalle intercettazioni, dicono gli avvocati delle parti civili, viene fuori che “la Commissione Grandi Rischi è stata totalmente eterodiretta”. Con Bertolaso artefice in toto del contenuto e degli scopi della riunione. Lo si legge, infatti, nella telefonata tra Bertolaso e Daniela Stasi del 30.3.2009: « … si e deciso di fare una riunione lì a L’Aquila …in modo da zittire subito qualsiasi imbecille, placare … li faccio venire a L’Aquila, è una operazione mediatica… loro che sono i massimi esperti in terremoti diranno: lezione normale, sono fenomeni che si verificano, meglio che ci siano cento scosse di scala 4 Richter piuttosto che il silenzio, perché cento scosse servono a liberare energia, e non ci sarà mai la scossa quella che fa male, hai capito !?…».

Prove schiaccianti, secondo gli avvocati di parte civile, che hanno indotto il Gip Gargarella dell’Aquila a chiedere al Pm Picuti di “appurare se Guido Bertolaso ha “compiuto davvero pressioni sui membri della Commissione Grandi Rischi al fine di indurli a rilasciare un comunicato per tranquillizzare la popolazione senza rivelare la reale pericolosità della situazione”.

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