27 Maggio 2013, due giorni fa, in aula alla Camera si comincia a parlare della ratificazione della Convenzione di Istanbul che ha l’indiscutibile merito di considerare la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. Basterebbe la logica a considerare la violenza sulle donne come una violazione dei diritti fondamentali ed imprescindibili della persona, ma il nostro mondo non sempre segue una logica o comunque ne ha una tutta sua e quindi bene che esistano documenti che chiamino le cose con il loro nome.

Appena un centinaio i deputati presenti in aula, nonostante, nelle dichiarazioni di tutti i partiti ci sia sempre stata una esplicita condanna del fenomeno tanto da far supporre che, in sede parlamentare, l’argomento possa, in linea di massima, essere sempre affrontato in modo celere e senza intoppi. L’aula era semivuota.

28 Maggio 2013, ieri, la Camera approva all’unanimità la ratifica della Convenzione di Istanbul ed ora passa al Senato. Bene, molto bene, ma non va sottovalutato ciò che invece è successo due giorni fa. Siamo tutti contro la violenza sulle donne, probabilmente anche chi questa  violenza la compie, stando alle statistiche non sono di certo casi isolati, se interrogato in proposito difficilmente direbbe:”Io sono a favore della violenza sulle donne”.

Il problema è che non bastano le parole, chi le usa ed ha il potere di cambiare le cose e non le cambia rischia di essere complice. Come si può spiegare l’assenza dei deputati se non con una semplice parola: indifferenza. E l’indifferenza non è forse una forma di violenza anch’essa? Non è rendersi complici di mettere in stallo una situazione che invece la cronaca ed i centri antiviolenza denunciano in tutta la sua drammaticità?

Condannare a parole è facile, ma bisogna pretendere molto di più che due parole di solidarietà e due promesse, solo i fatti concreti possono arginare la violenza domestica. Anche se la Convenzione è stata ratificata non si può fare finta che due giorni fa molti deputati non fossero presenti in aula. E’ un segnale che di strada da fare ce n’è ancora parecchia. I media danno molto risalto alla violenza di genere, ma, se nonostante ormai ne parlino tutti, nei luoghi poi deputati a prendere in mano la situazione si palesa questo disinteresse significa che la sensibilizzazione rimane fine a sé stessa e fa dà puro riempimento o da semplice slogan. Infatti continuano a morire donne per mano di uomini.

E’ necessario abbattere il solito meccanismo che la violenza non mi tocca perché non mi riguarda da vicino, mi basta condannarla ed ho fatto quello che potevo fare.

Le urla e i piatti rotti che si sentono al piano di sopra sono un semplice litigio e non sono affari miei, lui poi è così distinto, non le farebbe mai davvero male.

La  mia amica ha quello strano livido che ieri non aveva. Sarà caduta, sono cose che succedono. Il mese scorso ne aveva un altro, ma si vede che non guarda mai dove mette i piedi. Distratta ed un tantino imbranata probabilmente.

Quell’uomo in strada ha afferrato quella donna per un braccio strattonandola con forza, chissà cosa deve aver sopportato per reagire in quel modo. Lei deve averlo fatto proprio arrabbiare.

L’altra sera, a cena, il mio amico avrebbe potuto evitare di fare quella sfuriata alla sua nuova ragazza per poi prenderla in giro davanti a tutti. D’altronde lui è fatto così e a lei deve stare bene se ci sta insieme. Ogni coppia si crea i suoi equilibri.

Quel “mostro” che sentivo oggi ha ucciso la sua ragazza è davvero da sbattere in galera e poi buttare via le chiavi, ecco ne parlano in televisione… ma io lo conosco: è il signore distinto del piano di sopra, è il ragazzo della mia amica, è quell’uomo che in strada l’altro giorno afferrava quella donna, è l’amico con cui ho cenato poche sere fa…

di Mario De Maglie

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