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Divieti, al popolo italiano non piacciono

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In Italia i divieti sembrano essere semplici consigli, piuttosto che divieti. Mi viene in mente una battuta che diceva che a Napoli il semaforo rosso era un suggerimento, piuttosto che  un divieto. Ma mi viene anche in mente chi ha commentato “ma lei dove vive?” quando ho detto che invece delle rotonde e consumare il territorio, occorrerebbe mettere dei bei segnali di stop.

Dicevo dell’idiosincrasia ai divieti. Ciò è tanto più vero in campo ambientale. Quante volte capita di vedere dei cartelli con su scritto: “divieto di discarica” sul bordo di un corso d’acqua o lungo una strada? Quasi che fosse normale, che venisse spontaneo abbandonare i rifiuti ed inquinare, e non fosse invece  logico il contrario. Oppure un divieto di calpestare i prati destinati alla fienagione. E talvolta, si noti bene,  non basta neppure il divieto ed occorre “severamente vietare”. Evidentemente, se il divieto non è severo l’italiano se ne sbatte. La realtà è che spesso non fa differenza. L’italiano, di massima, se ne sbatte comunque.

Ma perché questa idiosincrasia per il rispetto della proprietà altrui o per i beni che sono di tutti come un corso d’acqua? Qualcuno è in grado di spiegarmelo? Che poi è lo stesso menefreghismo, credo, che porta sempre l’italiano a ritenere assolutamente legittimo costruirsi una casa là dove ha un terreno, solo perché il terreno è suo.

Del resto, a ben pensarci, per tornare al codice della strada, l’Italia è quel paese in cui i limiti di velocità, quelli sì, sono un suggerimento, e l’autovelox, per legge, è illegittimo se non è segnalato da cartelli ben visibili e luminosi che ti avvertono che esso è in funzione.

In altri paesi a nord delle Alpi, la velocità è sempre rispettata, polizia in giro non ne vedi.

A Stolberg, in Germania, hanno abolito i cartelli stradali, imponendo una velocità di 30 km/h nel centro urbano. Risultato: niente più incidenti stradali. Mi domando: se lo facessero in Italia, cosa mai succederebbe?

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