Gentile Onorevole ministro Emma Bonino. Non ho il piacere di conoscerla personalmente, per dialogare con Lei ho quindi pensato di scriverLe una lettera aperta.

Io ho un sogno. Forse più d’uno. Spero di far cosa gradita condividendolo con Lei.

Sogno un’Italia che, nel contesto internazionale, sia sempre più influente.

Sogno che quando uno straniero dice “Italians” lo dica con ammirazione: conscio che alle spalle di ogni italiano ci sono alcuni secoli di storia, tradizione e cultura che molti stati ci invidiano.

Sogno una nazione che possa divulgare questa ricchezza di tradizioni, cultura, sapere e con essa creare saldi e duraturi legami con tutte le nazioni la cui cultura e storia affondano nelle radici dell’albero del tempo.

Sogno di un’Italia che, parte di un contesto europeo, ma non per questo limitata nel suo agire, possa rafforzare l’antico legame che, sin dal tempo di Roma, congiungeva Oriente e Occidente. Quella sottile linea rossa che univa nazioni e popoli così lontani tra loro. Città distanti tra loro accomunate da interessi culturali e commerciali che crebbero e prosperarono grazie a quel legame. La via della seta che dalle remote terre cinesi faceva scalo presso le famose città carovaniere di Bukara, Khiva, Samarcanda, passando per il Caucaso, giungendo ai porti mediterranei verso Roma, e di lì su fin ai confini dell’antico impero per portare mercanzie fino ai remoti avamposti della civiltà prossimi al vallo Adriano, in Britannia.

Sogno che le nostre aziende possano ritrovare quegli antichi legami commerciali, perché possano, sulla via della cultura, vendere beni e servizi la cui qualità, in seno alle altre nazioni europee (senza offesa per nessuna di esse ben inteso) non ha eguali.

Sogno che non sia solo il cibo, la moda e il design a essere alfieri della nostra nazione. Che siano la qualità dei nostri ricercatori, invidiati in tutto il mondo e purtroppo spesso obbligati a emigrare, la qualità della nostra industria manifatturiera a parlare per noi. Perché, nonostante i proclami di alcuni politici, l’Italia non può concedersi il lusso di vivere di solo turismo. La continua ricerca, spinta dalla competizione, è il più incrollabile baluardo contro ogni forma di decadenza economica, culturale e infine spirituale.

Sogno una leadership nazionale totalmente internazionalizzata. Sogno di esser libero di chiedere ad essa cosa succeda a Taskent, ad Astana, o a Durban e ricevere risposte chiare. Per esperienza so che persone con tale conoscenza esistono nel corpo politico eletto e nel corpo diplomatico del suo Ministero.

Sogno di un’Italia che possa essere attrice attiva nel contesto multipolare di sfide e opportunità del prossimo decennio come la futura banca dei Bric e l’Unione Euroasiatica.

Un‘Italia che, pur povera di materie prime, sappia creare un percorso virtuoso e stringere rapporti durevoli con nazioni spesso, ahimè, ignote alle Piccole e Medie imprese italiane: Uzbekistan, Kazakhstan, Azerbaijan, Armenia, Turkmenistan, Sud Africa e tutto il gruppo del Sadc.

Sogno, lo ammetto forse sogno troppo. Tuttavia la sua cultura, la sua vasta esperienza, la sua visione internazionale e, non da ultimo, la sua caparbietà nello sfidare il sistema e lo status quo in molte battaglia politiche, nazionali e internazionali, alimentano questi sogni. Credo che questi miei sogni, o parte di essi, non siano solo miei, ma siano familiari, in differente foggia, a molti nostri connazionali: preoccupati per il loro lavoro, per la loro azienda, per la loro famiglia e, generalmente parlando, per il loro futuro. Un futuro in cui l’Italia può essere protagonista.

Nel ringraziarLa per l’attenzione mi accomiato da Lei parafrasando Yeats. “ Ho steso ai Suoi piedi i miei sogni. Cammini leggera poiché cammina sui miei sogni”. Con deferenza e rispetto un cittadino italiano.

@enricoverga

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