L’ultima fatica di Monica Lanfranco, giornalista, scrittrice e femminista, si intitola “Uomini che (odiano) amano le donne”. Il libro, pubblicato da Marea edizioni, è un’indagine su come sta cambiando la mascolinità degli italiani. A raccontare di sessualità, desiderio, violenza e pornografia sono proprio loro, gli uomini, che Lanfranco ha contattato grazie al blog che tiene su Ilfattoquotidiano.it.

La scrittrice Monica Lanfranco

Come è nata l’idea di questo libro?
Tutto è cominciato con un viaggio in treno durante il quale ho letto un articolo di Internazionale in cui la giornalista inglese Laurie Penny, collaboratrice del Guardian, raccontava di aver deciso di rivolgere alcune domande agli uomini sulla loro sessualità chiedendo ad amici e conoscenti di rispondere in forma anonima. Ho pensato di replicare l’idea, lanciando dal mio blog le domande.

Quante risposte sono arrivate?
In pochi giorni sono stata sommersa da 300 email di uomini curiosi, con una gran voglia di raccontarsi. Un quarto dei contributi è arrivato da ventenni e trentenni, un 5 per cento da over 65 mentre la maggioranza da uomini tra i 40 e i 55 anni.

Che cosa ha domandato?
Ho chiesto che cosa è per loro la sessualità, se la violenza ne è una componente, che cosa provano quando leggono di uomini che violentano le donne, se si sentono coinvolti e come quando si parla di calo del desiderio, che significa essere virili e che rapporto hanno con la pornografia.

Che cosa è emerso dall’indagine?
Agli uomini con cui ho dialogato non piacciono gli stereotipi in cui sono imprigionati, non si riconoscono nell’immagine virile e maschilista che la società e i media attribuiscono loro. Ma non sanno come esprimere questo malessere, principalmente per tre motivi: non hanno luoghi di riferimento per potere condividere questi loro pensieri; se dismettono le armature “virili” perdono potere; rischiano di essere risucchiati nelle categorie “non veri uomini” oppure “omosessuali”. Questa loro incapacità di nominare un disagio si riflette anche nel rifiuto di considerare il corpo maschile come capace di compiere violenza. Non riescono ad ammettere una responsabilità come genere rispetto alla violenza.

Che cosa intende dire?
Anche se se nessuno di questi uomini ha fatto violenze sono pochissimi quelli che riconoscono di far parte del genere che violenta. Come per le donne è stato, ed è, fondamentale capire i meccanismi perversi dell’essere vittima così gli uomini avrebbero bisogno di riconoscere dentro alla loro maschilità gli elementi di connivenza con la violenza, che come sappiamo non è solo lo stupro o il femminicidio. Solo così, riconoscendoli anche dentro di loro, possono prenderne le distanze e porvi fine, individualmente prima e collettivamente poi.

Ha deciso di dedicare una parte della pubblicazione alla pornografia. Che ritratto ne esce?
Partendo dal presupposto che la parola sesso è la più digitata sul web, quello che mi interessava era riuscire ad intercettare delle risposte oneste. Qualcuno ha ammesso un’intossicazione che gli ha sfalsato l’immaginario erotico. Altri hanno detto di farne uso regolare perché hanno le fidanzate lontane e le vedono poco. Ci sono state modulazioni di frequenza nelle risposte.

In che relazione si devono mettere le donne con gli uomini che cercano di ribellarsi agli stereotipi?
Io non sono disposta a fare da madre a uomini adulti però credo nel mettermi in relazione con loro. Possiamo pensare di potere cambiare le cose insieme soltanto se sapremmo relazionarci le une con gli altri in maniera autonoma. Dobbiamo accettare il confronto, il conflitto se necessario, per riuscire a trovare una terza voce, nuova, capace di incidere sulla realtà.

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