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Il “Fundraiser”: la nuova professione del futuro… responsabile

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Al di là della depressione collettiva qual è il futuro del lavoro? Emergono dati chiari per giovani e famiglie che vogliono intenderli e non solo lamentarsi. Intanto, non solo aspettarselo ma crearselo, vedi le potenzialità della ‘nuova agricoltura’ e dello ‘slow food’ (Carlo Petrini docet). Mestieri bellissimi e richiesti ma poco ‘ambiti’, di intersezione tra cucina, ambiente e design, come il ‘food designer’, l’‘ecodesigner’, l’‘eco-chef’ che in un paese come l’Italia trovano un substrato formidabile. E poi ‘food blogger’, climatologi, chimici, bioingegneri, come riportato e ‘promosso’ da Italia Orienta nel suo Educational Tour nelle scuole superiori italiane.

Peccato che quasi sempre si dimentica il no profit, con oltre un milione di posti di lavoro retribuiti e un impatto economico pari al 3% del Pil (pari a quello agricolo) e a ‘schiena diritta’ di fronte alla crisi, sottolinea nel suo Blog (‘Schiene Diritte’) Gianfranco Marocchi di Idee in Rete: una fortissima tenuta del tessuto imprenditoriale ed occupazionale, la nascita di molte nuove imprese sociali e lo sviluppo tumultuoso e in controtendenza delle Ong Internazionali quali Save the Children, Action Aid, Msf.

Ma è la professione di ‘Fundraiser oggi la più richiesta in assoluto nel no profit. Il ‘Fund Raising’– riduttivamente tradotto come ‘raccolta fondi’- è un lavoro entusiasmante, che consiste nel ‘creare investimento sociale’, partenariati su buone cause e progetti di alto impatto sociale. Creativo e multitasking, coinvolge la pianificazione degli obiettivi di ‘Missione’, la gestione di budget, la comunicazione di impatto, l’organizzazione di eventi anche ‘glamour’ e di campagne sociali. Uno strumento di ‘cittadinanza’ in cui più che a chiedere si va a ‘offrire’. Cosa? Partecipazione, impatto sociale, co-investimento. Da svolgere però con sensibilità, spirito educativo e spessore culturale: che dall’altra parte non deve vedere ‘target’ & portafogli’, ma persone e aziende amiche, a cui chiedere e a cui dare: da coinvolgere, senza invadere.

Aperto anche a neo laureati in materie umanistiche abili nella comunicazione e nei social media, ma ideale e in totale continuità a un ‘cambio vita’ per chi viene dal settore for profit, anche over 50, in particolare dagli ambiti comunicazione, e/o marketing e/o vendite. Anche perché nelle partnership si coinvolgono non solo i ‘donatori individuali’ ma anche le aziende, favorendone la responsabilità sociale e la ‘cittadinanza d’impresa’: questo è il ruolo, in particolare, del ‘corporate fundraising’, una sfida agibile da chi conosce ‘il for profit’ le sue regole, linguaggi, limiti e possibilità.

Una professione ‘articolata’ sempre più richiesta in tutto il mondo, che si può svolgere talvolta anche direttamente ‘sul campo’ nei paesi in via di sviluppo, riconosciuta dal Ministero del Lavoro nel repertorio delle Professioni ‘Isfol Orienta’.

Per darvi un’idea sui volumi di raccolta potenziali: solo in uno dei tanti settori del FR, quello dei ‘Legacy fund raising’ (lasciti testamentari, fino a pochi anni fa in Italia dominio quasi esclusivo della Chiesa cattolica) si prevedono al 2020 oltre 104 miliardi (si, miliardi!) di euro di disponibilità (cioè lasciti senza eredi). Forse è per questo che un collega ‘legacy fundraiser’, Stefano Malfatti della Fondazione Don Gnocchi, invita ironicamente tutti a ‘pensare al futuro’!

Una settore che ora ha anche i suoi ‘Festival del fundraising’, sia nazionali che internazionali, e da oltre 15 anni percorsi formativi di alta qualità. E’ ampiamente scaduto il tempo dell’improvvisazione, nel non profit!

PS. Il lettore interessato a sapere tutto sul fund raising è benvenuto, anche ad incontri di persona: scrivere a M.Crescenzi@asvi.itincontro open gratuito “Fundraiser, manager e professionisti del no profit” presso sede Asvi Social Change, venerdì 22 Febbraio, dalle 16 alle 18, Viale Dell’Umanesimo 12 Roma. Prenotazione obbligatoria.

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