Sarà forse l’effetto Monte dei Paschi, ma la Banca centrale europea accelera sulla proposta di separazione tra banca di investimento e banca commerciale. L’obiettivo è chiaro: sollevare i contribuenti da ulteriori salvataggi e vietare alle banche di mettere mano ai depositi dei risparmiatori per finanziare operazioni rischiose. In un documento pubblicato ieri l’Eurotower risponde al rapporto Liikanen (dal nome del suo ideatore, il governatore della Banca di Finlandia) che propone la separazione bancaria.

Dalla Bce non è arrivato un sì a priori ma la direzione è segnata: “In generale, l’Eurosistema ritiene opportuno separare alcune attività ad alto rischio degli istituti finanziari che non sono associati alla fornitura di servizi relativi ai clienti”, si legge nel documento. Favorevole al documento anche il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble Il tema non è solo europeo. Negli Stati Uniti, Sandy Weill, architetto dell’abrogazione di Glass-Steagall (la legge che prevedeva la separazione bancaria) mesi fa, ammettendo “l’errore” auspicava il ritorno “alla completa separazione tra banche commerciali e banche d’affari”. Usa e Gran Bretagna sono corse ai ripari con nuovi regolamenti, forse ancora troppo timidi, sull’attività bancaria.  

L’Europa finora ha latitato. Gli ostacoli, infatti, sono in seno alla stessa Banca centrale. Mario Draghi, governatore della Bce, è considerato, insieme a Giuliano Amato, uno dei fautori che portò anche in Italia la banca universale. Ed entrambi in questi giorni sono nell’occhio del ciclone proprio per l’esplosione del caso delle operazioni di finanza speculativa portate avanti da Mps, con il primo che era a capo della vigilanza bancaria italiana all’epoca dei fatti e il secondo che rappresenta il principale padrino politico di Giuseppe Mussari.

Ora Draghi sembra prendere tempo, consapevole che una simile riforma rischia di togliere benzina alle banche in un momento di piena crisi finanziaria, soprattutto in Italia. Non è un caso che, negli ultimi anni, è scoppiata la moda dei conti deposito. Con il mercato dei bond bancari praticamente congelato fino a poco tempo fa, le nostre banche si sono finanziate attingendo liquidità dai correntisti e promuovendo appunto i conti deposito a tassi interessanti. 

Gli ostacoli non si fermano qui. La Bce ammette che una riforma “richiede un’ulteriore analisi” sia sugli strumenti che sugli obiettivi. Il documento richiama la necessità di un intervento in grado di affrontare anche il tema del “too big too fail” ovvero contrasti la formazione di banche troppo grosse per fallire e che negli Usa, Inghilterra (Northern Rock e Barclays ), Francia e Belgio (Dexia) hanno richiesto l’intervento dello Stato. Ora è tutto in mano alla Bce e si preannuncia un nuovo scontro interno tra tedeschi e paesi nordici più propensi alla riforma e il governatore Draghi.

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