Passavano davanti ai cancelli della fabbrica quasi ogni mattina per sapere quando avrebbe riaperto. Invece i 48 operai della Oece Plastic di Medolla saranno tutti licenziati. Lo stabilimento conquisterà infatti un triste primato: sarà la prima azienda a chiudere definitivamente a causa del terremoto. Nessuna delocalizzazione per una produzione storica, inserita da anni nel tessuto industriale modenese. L’attività, spiegano sgomenti i lavoratori, che da maggio si erano sentiti ripetere che tutto sarebbe stato ricostruito, che si sarebbe tornati a lavorare il prima possibile, non sarà temporaneamente spostata in un altro sito in attesa di riedificare lo stabilimento inagibile già demolito. Le macerie rimarranno macerie e per gli operai, già in cassa integrazione ordinaria per sisma, come moltissimi colleghi del ‘cratere’, scatteranno solo altri ammortizzatori sociali.

“Non ce lo aspettavamo – spiega Sonia Roversi della Filctem Cgil – certo qui in molti hanno spostato la produzione in attesa di riparare ai danni che il terremoto ha provocato, tanti hanno delocalizzato anche lontano rispetto alla bassa modenese, ma questo è il primo stabilimento che comunica ufficialmente che non ha intenzione di ripartire. Che si chiude. Eppure è da maggio che ci assicurano che la produzione sarebbe stata riavviata”.

L’azienda, che dopo diversi passaggi di proprietà ora è in mano a Corbetta Fia di Milano e a Valentini industries di Rimini, in seguito al terremoto “aveva parlato di ricostruire uno stabilimento più piccolo, perché già prima delle scosse si sentivano comunque gli effetti della crisi – sottolinea il sindacato –  ma non si era parlato di chiudere”.

Anzi, chiarisce la Roversi, “a sindacati e lavoratori era stato ripetutamente assicurato che si stavano mettendo in campo tutte le azioni necessarie al ripristino della piena funzionalità della fabrica”. Almeno fino all’incontro dell’11 gennaio scorso, quando la direzione ha formalizzato una decisione già presa. “Per noi – continua il sindacato – è stato un fulmine a ciel sereno quando l’amministratore delegato della Corbetta Fia, Giacomo Santambrogio ha annunciato, contrariamente a quanto affermato dal mese di maggio 2012 in poi, la decisione di dismettere l’attività produttiva e licenziare tutte le lavoratrici e i lavoratori”.

Per ricostruire lo stabilimento, specializzato nella produzione di bordi in Abs per mobili e arredamento, del resto, “le risorse finanziarie necessarie ci sono, sono garantite dall’assicurazione”, così come sono disponibili anche i fondi pubblici stanziati dallo Stato e dalla Regione Emilia Romagna. “Non sappiamo come interpretare una decisione simile – critica quindi la Cgil – se non come il tentativo di sfruttare un drammatico evento per capitalizzare il massimo possibile”.

Per ora le lettere di licenziamento non sono ancora state recapitate ma i lavoratori non hanno intenzione di attendere e il 18 gennaio si sono riuniti in presidio davanti ai cancelli del piazzale dove sorgeva la fabbrica, in via Sparato 22 a Medolla. “L’azienda non tiene in considerazione i risvolti sociali che questa scelta comporta – conclude la Roversi – i lavoratori di quella fabbrica sono tutti terremotati, c’è chi ha perso anche la casa e ora vede svanire la possibilità di tornare a occupare il proprio posto di lavoro. Quello post sisma non è un tessuto economico normale, già prima c’era crisi, certo, ma ora è molto più difficile trovare un altro lavoro”.

C’è rabbia e preoccupazione tra i quarantotto operai, per i quali Filctem Cgil e Femca Cisl stanno lavorando per garantire gli ammortizzatori sociali necessari a tutelare, almeno in parte, loro e le loro famiglie. “La preoccupazione è tanta, le prospettive sono molto difficili anche perché c’è il timore che altre aziende facciano la stessa cosa”.

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