Il nome fa il verso a quello della popolare applicazione per cellulari della finlandese Rovio, Angry Birds. Ma al posto di agguerriti uccelli a caccia di maialini verdi, sullo schermo compaiono beni di largo consumo come acqua, latte e pane, e “dal cielo” piombano carrelli della spesa.

L’ultimo esempio di irriverenza sul web si chiama Angry Indec e spopola su telefonini e pc di tutta l’Argentina. Il gioco nasce dall’ingegno di un gruppo di cinque studenti dell’università tecnologica nazionale di Zarate Campana, alle porte di Buenos Aires, guidati dal professor Sergio Viera. Obiettivo è smascherare, con un pizzico di ironia, le “bugie” del governo a proposito del reale tasso di inflazione, secondo l’Istituto statistico argentino (l’Indec, appunto) ufficialmente assestato intorno al 9 per cento ma nei fatti prossimo al 30.

Nel gioco, cui può accedere chiunque sia iscritto a un social network come Facebook o Twitter compaiono i disegni di otto prodotti di largo consumo, dall’acqua, al pane, al mate, una sorta di tè amaro che i sudamericani bevono a litri. L’utente è invitato a sceglierne uno e a indicare il prezzo pagato per l’acquisto di quel prodotto. Immediatamente sul desktop piovono dal cielo due carrelli della spesa: uno con il prezzo dichiarato dal consumatore, l’altro con quello “di mercato” secondo le cifre fornite dall’Indec. Quanto più alta è la differenza tra i due prezzi, tanto più i carrelli cadono distanti.

Que tan lejos estàs del Indec?, quanto sei lontano dall’Indec?, è il refrain che accompagna il giochino. Ed è anche la domanda che sempre più spesso si fanno gli argentini all’uscita dal supermercato, utilizzata come spunto creativo dagli inventori di Angry Indec. “Abbiamo una base di dati che raccolgono informazioni dall’Istituto di statistica e attraverso un algoritmo si confrontano con quelli caricati dagli utenti”, spiega il professor Viera. Una mappa sullo schermo consente inoltre di collocare geograficamente il giocatore, comunicandogli i prezzi indicati da altri consumatori nella stessa zona e verificando quanto si avvicinino a quelli “ufficiali”. Sì perché, come in molte metropoli, i prezzi possono oscillare parecchio a seconda dei quartieri. Un caffè sorseggiato in un bar di Pompeya, barrio periferico a sud del centro, avrà forse lo stesso sapore ma non lo stesso costo di una tazzina servita all’ombra degli ombù secolari della Recoleta, epicentro del lusso e quartiere prediletto dalla Buenos Aires aristocratica. Per non parlare di Palermo Hollywood, zona cool per antonomasia, dove oltre al caffè “si paga” la location.

Fatto sta che per l’Indec una tazzina di caffè costerebbe al massimo 6,7 pesos (circa 1 euro), mentre in realtà è difficile pagarne meno di 14, e in alcuni casi addirittura 25. Più che a Milano. Anche cliccando su prodotti banali come acqua e latte è facile dimostrare che l’Istituto di statistica quantomeno non è aggiornato: una bottiglia d’acqua minerale da un litro e mezzo al supermercato costa tra i 5 e i 6 pesos, il prezzo dichiarato dall’Indec è 1,6; idem per il latte, il cui costo oscilla tra i 4,50 pesos e i 5,50, mentre ufficialmente costerebbe la metà (2,5 pesos).

La polemica sull’inflazione in Argentina è più accesa che mai: negli ultimi due anni c’è stata un’impennata esponenziale dei prezzi, dai beni di largo consumo ai trasporti, dalle spese per la sanità al gas, puntualmente smentita dal governo o perlomeno minimizzata. Di fatto il costo della vita, specie a Buenos Aires, è in costante aumento e i pesos si volatilizzano a una velocità impressionante. La riprova? Le banche hanno rivelato che la quantità di denaro estratta dai bancomat è raddoppiata negli ultimi due anni; e le operazioni allo sportello automatico, dal 2007 al 2011, sono passate da 360 a 720 milioni. Le banche si sono adeguate, innalzando il limite di prelievo quotidiano da 2000 a 3000 pesos. Perché se fino a tre anni fa con 100 pesos (meno di 20 euro) si cenava in un ristorante di lusso, magari con vista sul Rio de la Plata, oggi con gli stessi soldi ci si può concedere a malapena una serata nazional-popolare: cinema, bibita e pop corn.

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