Mancano due giorni al 25 novembre, che è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e come ogni anno siamo circondate da campagne che mostrano volti e corpi femminili tumefatti, donne che strisciano a terra, che si nascondono in un angolo buio, che si riparano col braccio. Quando va bene, si vede roba così:

Donna vittima 1

Donna vittima 2

Quando va male, le immagini sono più dure ed esplicite (primi piani su lividi e ferite) in nome di un non ben motivato realismo (forse un orrore esplicito può dissuadere il violento dall’essere tale?); e si arriva persino a estetizzare la violenza, come in questi casi:

Donna vittima 3  Mio marito mi fa bella

Ma non si combatte la violenza con immagini che la esprimono, né si fanno uscire le donne dal ruolo di vittime se si insiste a rappresentarle come tali. È talmente ovvio, che ormai dovrebbero saperlo tutti (ne parlammo anche l’anno scorso commentando la campagna di Intervita «Stai zitta cretina»). Invece – evidentemente – gli operatori sociali, le associazioni, le istituzioni che si occupano di violenza contro le donne e i consulenti che fanno loro le campagne non l’hanno ancora capito. E allora lo ripeto: non si combatte la violenza mostrando violenza.

Di qui poi a dire come una campagna su questo tema dovrebbe essere, ne passa: fare comunicazione contro la violenza sulle donne è difficilissimo. Ma piuttosto che continuare a produrre immagini di donne vittime e uomini aguzzini, la mia opinione è radicale: meglio astenersi. Piuttosto che ribadire le solite scene di violenza, meglio evitare spot, locandine, manifesti, per concentrare soldi, risorse e tempo su azioni concrete.

Però qualche strada alternativa comincia a vedersi. Per fortuna. Penso soprattutto all’idea di spostare l’attenzione sugli uomini, sottolineando che, poiché la violenza sulle donne nasce da loro, sono loro che devono parlarne e farsene carico. Ne discutemmo già un anno fa (leggi i commenti). Lo disse in modo ancor più chiaro Lorella Zanardo sul Fatto Quotidiano, con un post che scatenò reazioni accese e spesso anche aggressive. La discussione è poi proseguita in rete, in vari luoghi e modi.

Quest’anno finalmente qualcuno/a ha raccolto la palla. Nasce così la campagna Noino.org, promossa dall’Associazione Orlando di Bologna e dalla Fondazione del Monte in collaborazione con molte altre istituzioni locali – dal Comune all’Università di Bologna – in cui gli attori Ivano Marescotti e Giampaolo Morelli, e il calciatore Alessandro Diamanti si sono prestati gratuitamente come testimonial, per dire «Noi no». Nasce così il libro di Riccardo Iacona Se questi sono gli uomini. Nasce così il reading teatrale «Pugni nello stomaco. La violenza sulle donne raccontata dagli uomini», che si tiene a Gaeta stasera alle 21.00, a cura di Manuela Perrone e Vincenzo Schirru.

Noino.org, il testimonial Morelli

È solo un inizio, è ancora poco, ma è un buon segno. Che l’attenzione vada sugli uomini, riguardi gli uomini, provenga dagli uomini: mi pare la strada giusta. Nella comunicazione e nei fatti. D’altra parte anche all’estero si sta provando questa strada. Prendi per esempio la campagna inglese «We are Man» del 2011:

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