Ma le elezioni sono diventate un accessorio? Non si fa che parlare del Monti bis, lo vogliono tutti: Obama, Merkel, banchieri e manager di casa nostra. Abbiamo chiesto a Paolo Mieli, presidente di Rcs libri, se la sovranità popolare ha ancora qualche cittadinanza in un sistema che si vorrebbe democratico.

Mieli, che pensa di questo mettere le mani avanti? Sembra un plebiscito.
Una premessa è d’obbligo. Penso che il governo Monti abbia fatto e stia facendo un eccellente lavoro: l’Italia è ancora in crisi. Ma non come un anno fa, quando il Paese era uscito di strada. Adesso è in carreggiata. Essere in crisi quando si è in carreggiata è diverso da essere in crisi mentre sei fuori strada con il motore che fuma. Ovvio che a Monti si possono fare tutti gli esami sulle promesse mancate, ma nelle condizioni attuali sta facendo un buon lavoro. Quelli che oggi lo lodano, e a mio giudizio però sono molto nevrotici, sono gli stessi che due mesi fa quando lo spread salì sopra i 500 lo criticavano. Sarebbe augurabile un giudizio meno altalenante, senza isterismi legati alla giornata.

E del bis auspicato, annunciato, già quasi scontato che idea si è fatto?
L’esecutivo tecnico è un esperimento che ha un inizio e una fine, chiamato in una situazione straordinaria a guidare l’Italia con il sostegno dei partiti. Tra l’altro ricordiamoci che all’inizio anche l’Italia dei Valori diede il proprio sostegno a Monti. Per dire che tranne la Lega, erano con lui tutti i partiti. Salvo, come è normale, prendere una posizione diversa sui singoli atti. La maggioranza parlamentare di partenza era pressoché unanime . Ma parlare del Monti bis adesso è un gravissimo errore. E una mossa inopportuna. Perché il governo deve durare setto-otto mesi, sino alle elezioni. Sarà un periodo in cui continueremo a stare sulle montagne russe: l’accettazione della decisione di Draghi è un passaggio fondamentale, ma non siamo fuori da questa congiuntura. Quindi il governo dovrà prendere ancora molti provvedimenti: è un’avventatezza parlare del dopo.

Ma dopo ci sono le urne!
Infatti questo dibattito è un errore in sé: se tutti i Paesi civili dell’orbe terracqueo, compresi quelli sono messi peggio di noi, fanno regolari elezioni, dove qualcuno vince e qualcun altro perde, non si vede perché dare dell’Italia un’immagine per cui i partiti fanno tutti schifo e le elezioni vanno abolite. Chi agita questa richiesta come una bandierina della stabilità, non si accorge di fare implicitamente un’affermazione grave: questa sì che è l’antipolitica, altro che Grillo. E siamo noi che raccontiamo all’estero che i nostri partiti non sono presentabili, che chi vince non importa tanto si fa quello che decide l’establishment: un giudizio che ci ritorna di rimbalzo. Terribile procedere in questo modo.

Perché?
La Merkel, e gli altri governi stranieri, è chiaro che preferiscono Monti: finalmente si confrontano con qualcuno che ne capisce, anzi ne capisce più di loro. Tutto il mondo, a partire da Obama, si compiace di avere interlocutori italiani del calibro di Monti e Draghi. Due personalità di primissimo ordine: un giudizio che evidentemente non avevano dei predecessori. Ed è normale che si augurino che queste persone restino. Fossi nei loro panni, direi la stessa cosa.

Il problema è interno: se non siamo noi a tutelare il sistema democratico chi lo deve fare?
All’interno ci sono intanto i centristi, intenzionati a tornare alla Prima Repubblica, quando il voto era quasi irrilevante perché di fatto il governo si combinava poi in Parlamento. Può darsi che se lo auguri anche la destra, nella convinzione di risultare perdente. Lo dice l’establishment perché non si fida del centrosinistra e cerca in questo modo di provocarne un atto di responsabilità. Temono, credo, la solita vittoria del centrosinistra, che scelga per i ruoli importanti personalità che negli ultimi vent’anni hanno già fatto i ministri – non sempre con risultati degni di memoria – temono una coalizione divisa, che magari non sia in grado di mantenere i punti dell’agenda Monti.

C’è anche la questione legge elettorale…
Certo e mi auguro che il sistema elettorale sia tale da garantire la vittoria di una coalizione certa. Monti, anche per il futuro, è affidabile per la sua natura eccezionale. Così sarà anche per eventuali nuovi ruoli, come il capo dello Stato. O se ci sarà un’altra impasse, tornare a guidare il governo. Ma noi assolutamente dobbiamo rientrare nella fisiologia democratica: chi decide sono gli elettori. Dopo il voto, chi vince governa, chi perde sta all’opposizione.

E per ciò che riguarda la sovranità?
Io sono favorevole a una richiesta rapida di aiuto all’Europa. Anche se comporta appunto una cessione di sovranità in materia economica, ovviamente all’Europa degli eletti o a un mix di eletti e Banca centrale, non alla tecnocrazia. Già vent’anni fa abbiamo scelto di essere europei. Se facciamo questa scelta sarà la nostra fortuna. Tanto più se questo succede non già quando il paese è in difficoltà estrema, come è accaduto per la Grecia, con una pistola alla tempia.

Il problema è che questo potrebbe accadere accanto a una cessione di sovranità politica.
Il percorso giusto è: non parlare di Monti bis, perché il Paese deve avere fiducia nelle sue istituzioni politiche. È sovrano il popolo. Poi: adesso, non quando arrivassimo al punto di non ritorno, dobbiamo adottare tutte le pratiche per trasferire in materia economica il massimo di sovranità a un’entità europea eletta. Mi auguro che la crisi sia stata un tale choc per cui la sovranità economica si trasferisca dai singoli Paese alle istituzioni europee. Dopodiché vinceremo o perderemo le elezioni su scala europea.

da Il Fatto Quotidiano del 9 settembre 2012

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