Quattro scatti che documentano la scelta di una donna: interrompere volontariamente la propria gravidanza. Jane, fotografa statunitense, ha deciso di condividere la storia del suo aborto sulla rete, creando il blog thisismyabortion.com.

Si tratta di un progetto, spiega Jane in un articolo sul The Guardian, nato per testimoniare la realtà di un’ivg svolta in completa sicurezza, contrastando l’uso improprio che i movimenti anti-abortisti fanno delle immagini (feti privi di vita, neonati coperti di sangue ecc.) nella propria propaganda.

“La mia speranza – racconta Jane – è aiutare a disperdere la paura, le bugie e l’isteria che circondano l’aborto, fornendo alle donne gli strumenti necessari per effettuare scelte consapevoli sui propri corpi”.

Tra gli strumenti che la protagonista fornisce con il suo progetto c’è prima di tutto il dialogo. La fotografa statunitense, infatti, ha pubblicato il proprio indirizzo e-mail, invitando tutti gli interessati a contattarla e a commentare. C’è un unico avvertimento, sottolinea Jane: non sarà dato spazio ai commenti che fomentano il linguaggio dell’odio e i fondamentalismi religiosi. Per quel tipo di opinioni ci sono siti-web appositi.

La storia di Jane inizia sei settimane dopo la scoperta della gravidanza. La fotografa si reca in una clinica statunitense, dove l’anno precedente aveva accompagnato un’amica per il medesimo intervento. In quell’occasione ad accoglierle c’era un gruppo di manifestanti pro-life, intenti a pregare e ad agitare cartelli con le immagini choccanti di neonati morti. L’amica di Jane, mortificata, scoppiò in lacrime una volta entrata nella clinica, che, per ragioni di sicurezza (dei pazienti e del personale sanitario) è stata spostata alla fine della strada, nascosta da alcuni studi dentistici.

Ad un anno di distanza, Jane rivive la vicenda, in prima persona questa volta.

“Rivedendo le immagini orribili esibite dai dimostranti non ero sicura se avere più paura di esser colpita da loro o se essere in ansia per l’intervento cui dovevo sottopormi”, racconta la fotografa. Ma una volta entrata nell’edificio, descritto da Jane come un ‘santuario’, grazie all’assistenza di personale medico preparato, l’operazione si è svolta senza problemi.

Nella clinica Jane non solo ha scattato di nascosto con il cellulare le foto pubblicate sul suo sito, ma si è resa conto di essere stata privilegiata rispetto ad altre donne, che, nei paesi dove l’ivg è illegale, sono costrette ad abortire clandestinamente, mettendo a rischio la propria salute e la propria vita. La fotografa statunitense ha conosciuto da vicino questa realtà. Circa 30 anni fa, infatti, la mamma di Jane ha rischiato di perdere la vita a causa di un aborto clandestino. Un’esperienza vissuta in segreto dalla mamma, a causa delle pesanti ripercussioni, e raccontata qualche anno fa alla figlia.

Tra gli oltre 900 commenti raccolti sul blog di Jane e del quotidiano britannico in poco più di due giorni, non mancano vicende simili.

Come quella di Maria, che, quattro anni fa ha deciso di abortire di nascosto dal compagno, un uomo violento con cui aveva avuto già due bambini. Anche Sarah ha abortito in segreto, a 19 anni, un’esperienza dolorosa che ha condiviso solo con il suo ragazzo.

Queste testimonianze, insieme a quelle di tante altre persone (tra cui personale medico), si concludono con un caloroso ‘grazie’ rivolto a Jane, che ha avuto il coraggio di condividere la propria esperienza diffondendo informazioni in modo del tutto ‘onesto’. Presenti anche numerosi commenti degli attivisti pro-life, che, sebbene non condannino direttamente la scelta della protagonista, riportano alla luce i grandi interrogativi sull’ivg: il feto è una ‘persona’ o un ‘essere umano’? L’aborto è omicidio o libera scelta?

Tutte queste opinioni sono parte integrante dell’iniziativa di Jane, un ‘progetto creativo collettivo’, come lo definisce l’ideatrice stessa. Un progetto realizzato per riflettere insieme sul potere delle immagini, utilizzate troppo spesso come vere e proprie ‘armi’, con l’intento di spaventare, isolare e far vergognare le persone.

“Spero – conclude Jane nell’appello lanciato su The Guardian – che thisismyabortion.com sia usato come uno strumento per dare una visione leale, onesta e equilibrata dell’aborto sicuro”, a favore della verità, dei diritti delle donne e della giustizia riproduttiva.

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