Il primo post è come un biglietto da visita, chi lo riceve deve essere in grado di sapere l’essenziale ed è quindi all’essenziale che darò spazio in queste righe.

Perché sono a scrivere qualcosa di quello che penso all’interno dello spazio web di una testata importante come Ilfattoquotidiano.it? Perché io? Perché mi viene data l’opportunità di gestire un blog sulle questioni di genere assieme alla stimata collega Nadia Somma? La risposta è tutta nel ruolo che rivesto in qualità di socio fondatore, operatore e coordinatore della prima Associazione in Italia che si occupa della presa in carico degli uomini che agiscono comportamenti violenti all’interno delle relazioni affettive: il Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti di Firenze (C.A.M.). Una sfida in Italia dove, prima di noi nati nel 2009, non c’era nulla del genere.

Come si può solo pensare che i “violenti”, i “maltrattanti”, i “mostri” della società, “gli uomini che odiano le donne” possano minimamente pensare di chiedere un aiuto per evitare di reiterare nuovamente comportamenti lesivi della fisicità e della dignità delle loro compagne e/o dei loro bambini?

Pensabile o meno è quello che comunque accade, mentre il C.A.M. si appresta a raggiungere il terzo anno di vita sono 98 gli uomini che fino ad oggi hanno chiamato il nostro sevizio per chiedere un aiuto professionale e vanno aumentando. Molti di loro sono stati in grado di affrontare il disagio che li induceva ad utilizzare delle modalità di comportamento violente, altri li abbiamo purtroppo persi per una scarsa motivazione al cambiamento, altri ancora non hanno potuto accedere al servizio perché residenti fuori Toscana (il nostro Centro non è più l’unica realtà presente in Italia, ma siamo ben lontani dal coprire in modo minimamente sufficiente il territorio nazionale).

Posso tranquillamente asserire che la quasi totalità degli uomini che ci hanno contattato lo ha fatto senza costrizioni legali più o meno vincolanti, ha chiamato di sua spontanea iniziativa. Spesso sono uomini in preda ad una crisi perché l’ultimo episodio di violenza si è rivelato di una gravità inaccettabile anche per loro, la donna è finita al pronto soccorso oppure sono intervenute le forze dell’ordine. Altre volte sono uomini la cui partner è riuscita a dire basta e a mettersi in protezione a casa di parenti o in case rifugio gestite da centri antiviolenza e quindi sono stati costretti ad affrontare un abbandono reale. Ma anche (e non pochi) uomini che si sono messi in discussione come genitori ed hanno capito che i loro figli stavano raccogliendo i frutti malati della loro rabbia male espressa.

Il C.A.M. nasce da una costola di Artemisia, il centro antiviolenza di Firenze e prende spunto da altre esperienze internazionali. E’ ospite di una struttura della Asl 10 di Firenze ed è vivo e continua a vivere grazie alla forza di volontà dei suoi operatori e delle sue operatrici che svolgono il proprio lavoro senza finanziamenti adeguati e grazie agli uomini che a noi si rivolgono facendoci capire l’importanza di quello che facciamo.

E’ grazie al C.A.M che mi viene data questa opportunità perché a buon diritto posso parlare di violenza conoscendola attraverso le parole di chi quella violenza la ha agita (e a volte subita in altri tempi), a buon diritto posso parlare di questioni di genere perché ascolto i pregiudizi e le paure di molti uomini nei confronti delle donne ed io per primo sono un uomo con le sue paure e le sue fragilità nei confronti dell’altra metà del cielo.

Questo è il mio biglietto da visita, chi è interessato ora ha i miei dati essenziali puoi venire a trovarmi anche sul mio sito

sulla pagina web del centro uomini maltrattanti
o sulla pagina Facebook del centro

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