Manca poco al primo luglio. In Messico sono tutti concentrati, da mesi, sulla scadenza elettorale. Si elegge il presidente della repubblica.

In un contesto politico segnato da corruzione, mezzi di comunicazione asserviti all’élite al potere e candidati legati ai cartelli del narco, a maggio è spuntato dal nulla un movimento studentesco che ha sparigliato la campagna elettorale.

L’11 maggio Enrique Peña Nieto, il candidato del Partido Revolucionario Institucional (PRI), che dalla Rivoluzione ha governato ininterrottamente per settant’anni, si è presentato col suo faccino da principe delle telenovelas, a fare campagna elettorale nell’università Iberoamericana (UIA), istituzione gesuita, uno dei centri universitari più prestigiosi e più cari del paese.
I figli della classe dirigente che possono permettersi rette da 10mila euro all’anno si sono visti arrivare un candidato che negli anni ha dato prova di ignoranza estrema, populismo, che è responsabile, nel 2006, di una terribile repressione quando governava lo Stato del Messico, che ha portato alla morte e alla tortura di decine di persone. Enrique Peña Nieto arriva alla Ibero bello come il sole, abbronzato, con i suoi scagnozzi che tentano di pagare i giovani studenti per non fare domande imbarazzanti. Li vogliono corrompere con 200 pesos (poco più di 10 euro), a loro, che ne pagano la metà ogni giorno solo per entrare nel parcheggio e lasciare le loro Audi, BMW, Mercedes Benz.

La conferenza inizia e Peña Nieto viene incalzato dagli studenti. È sorpreso da questa accoglienza. Questi sono i figli di papà che non dovrebbero creargli alcun problema. E invece gli fanno domande scomode, a cui lui non risponde, o non sa rispondere. La conferenza finisce, lui esce dall’auditorio tra i fischi. Sono centinaia. Non sa dove andare, quindi si rifugia nei bagni della bella struttura, situata nel ricco quartiere di Santa Fe.

È uno scandalo, il candidato che secondo tutti i sondaggi è già presidente, esce distrutto, fatto a pezzi da un gruppo di ragazzi ricchi e agguerriti.

La corazzata dei media corre ai ripari, in tutti i tg si minimizza l’evento o non se ne parla. Politici del PRI, famosi per l’autoritarismo e la violenza, dopo mesi di tentativi di convincere la popolazione che non sono più come una volta, tornano a mostrare il loro vero volto. Insultano, minacciano, arrivano a intimidire i ragazzi che vogliono solo che si dica la verità su quello che è successo. Affermano che quelli non erano veri studenti, ma gente pagata per mettere in difficoltà il candidato. Attraverso un video su Youtube 131 studenti, identificazione alla mano, si espongono per far vedere che sono studenti e sono indignati.

Subito dopo nasce nelle reti sociali un movimento di appoggio ai primi 131 studenti. Si chiamerà #YoSoy132 (io sono 132). E inizierà ad attraversare università e stati di tutto il paese.

Il movimento chiede libertà di espressione, chiede che i mass media la smettano di mentire, di appoggiare il candidato del PRI, di intimidire, di non fare informazione. Chiede anche una classe politica pulita, che la faccia finita con la corruzione e la violenza che ha causato 60mila morti e 10mila desaparecidos negli ultimi 6 anni.

Organizzano manifestazioni oceaniche, apartitiche, formate da giovani, tantissimi giovani, di università private e pubbliche. I ragazzi di YoSoy132 invadono i social media, e scardinano le previsioni di voto, creando il panico tra i candidati, che non sanno più cosa fare per contenere il danno.

Questo è accaduto in Messico nell’ultimo mese e mezzo e domenica si andrà alle urne. Sabato ci sarà l’ultima manifestazione di #YoSoy132 prima del voto e tutti si chiedono se questi ragazzi puliti riusciranno a spostare quel bacino di indecisi verso un voto più democratico.

Nessun leader, nessuna bandiera, nessun comico né cantante di nave a smuovere giovani estremamente informati e responsabili. Niente cinque stelle, niente guru capelloni, niente piazze che vengono infiammate da giullari miliardari, ma orde di studenti incazzati che tentano di riprendersi in mano il loro futuro. Niente ricette magiche, solo riappropriazione degli spazi, reali e virtuali.

Forse in Italia nell’indifferenza estiva potremmo imparare qualcosa.

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