Ci stiamo di nuovo avvicinando al precipizio. A quel collasso del sistema creditizio che è stato sfiorato lo scorso autunno e che solo gli interventi straordinari delle banche centrali sono riusciti a rimandare ma non a scongiurare del tutto. L’allarme arriva dalla Banca dei regolamenti internazionali, una sorta di “banca centrale delle banche centrali”, che ha ricostruito quanto accaduto nei giorni più incandescenti dell’autunno 2011. E che, soprattutto, non esclude che a breve possa andare di nuovo in scena lo stesso horror finanziario visto appena 6 mesi fa. La trama ce la ricordano alcune cifre del Rapporto diffuso da pochi giorni. Assetate di liquidità, in preda ad una crisi di nervi, le banche di tutto il mondo hanno ridotto i loro prestiti internazionali per 799 miliardi di dollari (circa 615 miliardi di euro, ndr). Soprattutto questo prosciugamento del credito è avvenuto ad una velocità tale da avere come unico precedente le settimane immediatamente successive al fallimento di Lehman Brothers.

La stretta ha riguardato soprattutto il mercato interbancario, ossia i prestiti tra le stesse banche, dove in men che non si dica sono “spariti” 637 miliardi di dollari (490 mld di euro). Nell’area euro, in particolare, i finanziamenti tra istituti sono diminuiti di 364 miliardi di dollari (280 miliardi di euro) con un calo di quasi il 6%. Una specie di corsa agli sportelli tra banche che in Italia è stata ancora più spericolata con un calo di 57 miliardi di dollari (44 mld di euro) pari a quasi il 10% dei prestiti in essere. E mentre gli istituti italiani facevano rientrare in tutta fretta i loro prestiti, le banche straniere riducevano a loro volta l’esposizione verso l’Italia tagliandola di 55 miliardi di dollari (42 mld di euro) e scaricando sul mercato titoli di Stato per un ammontare pari a 32 miliardi (24 mld di euro).

Angelo Baglioni, economista dell’Università Cattolica di Milano, commenta: “La crisi della liquidità dello scorso è stata effettivamente molto pesante con un mercato interbancario che è arrivato a fermarsi quasi completamente come era accaduto nel 2008”. “In particolare, spiega Baglioni, l’accesso ai finanziamenti in dollari era del tutto bloccato”. L’operatività dei mercati è stata mantenuta solo grazie agli interventi coordinati delle banche centrali che hanno messo a disposizione dollari in abbondanza. Poi l’operazione della Bce con il prestito triennale all’1% da 500 miliardi di euro ha ridato ossigeno al sistema. Un successo che però è solo a metà fa notare il docente della Cattolica visto che “inizialmente le banche hanno faticosamente ripreso a prestarsi soldi tra di loro ma dallo scorso aprile stiamo assistendo ad una nuova paralisi dell’interbancario ”. Un fenomeno rilevato anche nel rapporto della Bri che mette in luce come i benefici effetti della “cura Draghi” stiano ormai svanendo mentre i mercati sono di nuovo in preda a forte volatilità e nervosismo.

Cosa servirebbe allora adesso per scongiurare il ripetersi di una situazione da allarme rosso? Secondo Baglioni gli elementi chiave sono due. Da un lato i governi del Vecchio Continenti dovrebbero smetterla di marciare in ordine sparso ma adottare finalmente una strategia comune che vada in direzione di una maggiore integrazione e che venga chiaramente esposta ai mercati. Dall’altro la Bce dovrebbe “togliersi i guanti” ed iniziare ad intervenire massicciamente sul mercato dei titoli di Stato mettendo in chiaro l’intenzione di porre un limite all’allargamento degli spread. Su questo fronte, conclude Baglioni, Francoforte è stata sin qui troppo timida e ha accompagnato ogni azione di acquisto di titoli italiani, spagnoli o, in minor misura, francesi con dichiarazioni tese a sminuire la portata dei suoi interventi. Ora che però il gioco torna a farsi duro non è più tempo di mezze misure.

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