Ai piani alti del Lingotto si brinda di nuovo a Coca Cola. Un altro passo verso gli Stati Uniti è stato fatto. Fiat industrial, la divisione del gruppo che fabbrica camion e trattori, saluta Piazza Affari ed entro fine anno sarà quotata a Wall Street. La sede legale si sposta invece in Olanda dove il fisco è più generoso, gli azionisti di maggioranza godono di maggiori tutele e la borsa è collegata a quella americana. Da un punto di vista gestionale il disimpegno dall’Italia è insomma totale e per fugare ogni dubbio in merito, casomai a qualcuno ne fossero rimasti, l’amministratore delegato Sergio Marchionne ha tenuto a far sapere che “Fiat non sarà nel nuovo nome della società”.

Tecnicamente l’operazione prevede che Fiat industrial si fonda con la sua controllata CNH. Quest’ultima produce macchine agricole, appartiene a Fiat per l’88% ed è già quotata autonomamente a New York. Oltre che a Wall Street la nuova società post fusione sarà presente anche in una Borsa europea, ma in ogni caso non a Milano come ha voluto precisare Marchionne. 

Separata dall’auto dall’ inizio del 2011 Fiat industrial è la parte più redditizia del gruppo, quella che sinora si è comportata meglio in Borsa e che ha consentito di mettere una pezza alle magagne delle quattro ruote. Oltre a CNH ne fanno parte Iveco e la parte industriale dei motori Powertrain. Da un punto di vista industriale rimane un gruppo in prevalenza europeo ed italiano. Nel Vecchio Continente lavorano infatti il 70% dei 67 mila dipendenti di Fiat industrial e si vendono il 40% dei suoi prodotti. Trentotto dei sessantaquattro stabilimenti si trovano in Europa e di questi 14 sono in Italia.

Per queste ragioni l’economista dei trasporti Paolo Malagodi ritiene che, a differenza dell’auto, non ci sia il rischio di uno spostamento dei siti produttivi. Tuttavia, ragiona Malagodi, il fatto che nonostante tutto si sia deciso si spostare la parte finanziaria in America è una chiara ed ulteriore conferma che ormai il quartier generale di Fiat è Detroit e non più Torino. E’ dunque lecito ipotizzare che l’operazione annunciata possa essere anche una specie di prova generale per il salto finale. Una fusione di Fiat con la controllata americana Chrysler e tanti saluti. Interpellato su questa possibilità Marchionne ha affermato “sarebbe possibile ma non è il momento”. Come dire, solo una questione di tempo. 

Articolo Precedente

“3.500 aziende inagibili”. E il terremoto pesa su recessione e fiducia dei mercati

next
Articolo Successivo

Cosa state facendo al mio paese?

next