A 27 anni dalla prima volta e dopo dodici dall’ultima, Leoluca Orlando torna a fare il sindaco di Palermo. Lo schiacciante 48 per cento del primo turno non lasciava molto spazio ai ribaltamenti, ma alla fine il ballottaggio ha regalato al leader di Italia dei Valori un risultato molto simile a certe elezioni bulgare: 150mila voti, ovvero il 73 per cento dei consensi, sessantamila in più rispetto al primo turno. Quasi un plebiscito che però il nuovo sindaco non ha voluto festeggiare. Non stasera almeno. “Per festeggiare c’è tempo. Dopo i fatti di Brindisi e il terremoto in Emilia Romagna c’è poco da festeggiare. Non vorremmo che l’attentato davanti la scuola pugliese fosse un presagio di altre violenze” ha detto il professore con gli occhi lucidi di commozione e felicità, attorniato dalla sua giunta di assessori, chiedendo un minuto di silenzio nel momento in cui la bara di Melissa Bassi usciva dalla basilica di Masagne.

Orlando però ha tenuto a sottolineare l’imponenza della sua vittoria. Un’imponenza che si misura nei numeri: “I dati dicono che al primo turno per il sindaco avevano votato 220mila persone. Al ballottaggio, sono diventate 224mila. E dunque c’è stata una partecipazione maggiore. E’ arrivata una risposta alla gestione fallimentare della città degli ultimi anni. Una gestione basata sull’appartenenza e non sulla competenza. La situazione è difficile, ma siamo pronti non solo a combattere ma a vincere la nostra battaglia”.

Con i conti della città sul lastrico, le elezioni regionali programmate per ottobre e le politiche in vista per l’anno prossimo, la vittoria di Orlando arriva in un momento cruciale per i destini politico economici della città. Il neosindaco non ha rinunciato a citare il premier Mario Monti che “non può essere un tecnico senz’anima, e deve liberarsi dall’abbraccio mortale della Merkel” e ha analizzato la sua vittoria anche in relazione alle prossime consultazioni per eleggere il governatore della Regione Sicilia. “Questo risultato è una lezione per i partiti perchè dove c’è un esperto della politica, un appartenente alla Casta come sono io, che però si è speso per il bene comune e per il benessere di tutti, l’antipolitica non vince e non è la soluzione. Alle regionali bisognerà ricordarsi invece che la politica marcia è destinata a perdere. Bisognerà ricordarsi di questa vittoria che è la vittoria di tutti. È per questo che ringrazio tutti i palermitani onesti, di qualsiasi estrazione politica che hanno creduto in una rinascita della città. Ringrazio anche quegli appartenenti agli altri partiti di centro sinistra che hanno capito cosa voleva la città”.

Le stoccate peggiori infatti l’ex leader della Rete le ha riservate ai dirigenti dei partiti di centro sinistra e al governatore siciliano Raffaele Lombardo. “Al contrario – ha detto- non posso certo ringraziare i leader del Pd come Bersani e i leader degli altri partiti come Nichi Vendola, che hanno osteggiato la mia vittoria. Devono capire che non possono venire qui a decidere i destini di Palermo, della mia città. Se continuano così non possono decidere neanche i destini del paese. D’Alema è venuto qui a fare come faceva Andreotti, ha detto di votare per tutti quelli dal numero due in poi. Lombardo? E’ come sparare sulla croce rossa, solo che sulla croce rossa sono saliti Vendola e quella parte del Pd che fa accordi con quella politica che abbassa la guardia e fa accordi che alza gli steccati e incontra i mafiosi”. Il riferimento diretto è a Peppe Lumia e a Antonello Cracolici, sostenitori di Fabrizio Ferrandelli e registi dell’accordo con Raffaele Lombardo all’Ars. “Lumia, Cracolici e Lombardo sono in tre ma ragionano come se avessero due teste” ha detto sornione Orlando che durante tutta la conferenza stampa non ha mai citato il suo avversario, l’ex allievo Fabrizio Ferrandelli, fermatosi al 27 per cento, che dopo la sconfitta si è autodefinito “il secondo cittadino di Palermo”.

“Non ho fatto il suo nome durante la campagna elettorale e non lo farò ora. Mi rivolgerò a tutti i cittadini palermitani senza privilegiare nessuno, ma il sindaco sono io, punto e a capo” ha risposto Orlando galvanizzandosi per un attimo. Al quartier generale del neosindaco erano presenti i principali leader del partito di Antonio Di Pietro, compreso il capogruppo alla Camera Massimo Donadi. Con questa vittoria Italia dei Valori diventa ufficialmente il primo partito a Palermo, dove grazie al premio di maggioranza ha conquistato 30 seggi in consiglio comunale su 50.

Il primo degli eletti è Salvatore Orlando, solo omonimo del sindaco, che ha ottenuto 1.544 preferenza, l’ultima eletta della lista invece è Federica Aluzzo, che si è fermata a quota 192. “In ogni caso, nonostante i numeri non sono un uomo solo al comando – ha chiarito Orlando – Non sfrutterò la maggioranza in Consiglio per le decisioni più importanti, diciamo che la maggioranza sarà la mia clausola di sicurezza, un’assicurazione, ma cercherò di coinvolgere tutte le forze politiche”.

E se a Palermo dopo undici anni di strapotere berlusconiano il successo di Orlando ha creato un vero e proprio terremoto politico negli altri partiti, lo stesso non si può dire nelle altre città della Sicilia dove ha vinto la continuità. A Trapani il Pdl rimane alla guida della città dopo dieci anni di amministrazione di Girolamo Fazio: il nuovo sindaco è l’ex generale dei servizi segreti Vito Damiano che ha battuto il candidato del terzo polo Peppe Maurici. Ad Agrigento, città di Angelino Alfano, il candidato del Pdl Totò Pennica è stato surclassato da Marco Zambuto (Udc), che si riconferma primo cittadino della città dei templi con il 74 per cento dei voti. Ad Alcamo, da 20 anni roccaforte del centro sinistra, il candidato del Pd Sebastiano Bonventre continua la tradizione per appena 39 voti, ovvero quelli che lo distanziano dall’avversario Niclo Solina, sostenuto da una lista civica.

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