Come ho avuto modo di dire in una breve intervista al Corriere della Sera (15/5), quando ero studente alla Bocconi il corso che si occupava delle banche si chiamava “Economia delle aziende di credito” per sottolineare il mestiere specifico (il credito) che quel tipo di aziende erano tenute a fare (utilizzando i depositi dei risparmiatori e il loro capitale).

Da allora le cose sono cambiate molto: le banche, molte delle quali nel frattempo sono diventate molto più grandi attraverso processi di aggregazione, si sono trasformate in veri e propri supermarket di prodotti e attività finanziarie di vario genere. Abbiamo assistito a due nette evoluzioni dell’attività delle maggiori banche: la despecializzazione da un lato (l’attività creditizia perde peso) e la crescita dimensionale dall’altro. I due fenomeni sono le due facce della stessa medaglia.

Il problema delle dimensioni, o meglio, del gigantismo: negli ultimi 5 anni – nonostante la crisi finanziaria iniziata nel 2008 – gli attivi delle sei maggiori banche USA sono cresciuti del 13% e quelle delle maggiori banche europee del 14%. Nonostante nel frattempo si siano fatti studi e convegni a iosa per sostenere il pericolo “sistemico” di avere banche troppo grandi è successo esattamente il contrario: le banche too big to fail (TBTF), quelle che non possono fallire (e che di conseguenza tendono ad assumere rischi più elevati perché comunque alla fine lo Stato, e cioè i contribuenti, sarà costretto a salvarle), sono diventate ancora più grandi : gli attivi dei sei big americani rappresenta oltre il 60% del PIL, quello delle 20 maggiori banche europee addirittura oltre il 180% del PIL di tutta la UE fino ad arrivare al caso estremo della sola Inghilterra dove i quattro big rappresentano quasi il 380% del PIL . Più crescono, più non possono fallire, più cresce il moral hazard e cioè la spinta a fare operazioni azzardate tanto se va male paga Pantalone.

La seconda nefasta evoluzione – diventare dei supermercati della finanza – è figlia della prima: diventare molto grandi, ampliare il più possibile la gamma delle attività in tutti i campi della finanza per guadagnare di più di quanto si possa guadagnare facendo “solo” l’azienda di credito. Negli USA ci ha provato persino Obama che con l’aiuto di Paul Volcker , ispiratore della cosiddetta “Volcker rule”, ha cercato – per ora senza successo – di ripristinare nella sostanza una vecchia legge fatta negli anni trenta, subito dopo la Grande Crisi, il Glass Steagall Act, che vietava alle tradizionali banche commerciali di speculare in proprio con rischiose operazioni di trading. Se Obama ce la farà sarebbe un primo passo verso una auspicabile marcia indietro almeno negli USA: le banche tornano a fare gli istituti di credito e le “altre” attività in campo finanziario le possono fare altri soggetti opportunamente regolamentati.

Le grandi banche internazionali, i “fat cat” come vengono chiamati dai critici di Wall Street, devono dimagrire, essere “spacchettate” tra chi fa credito e chi fa altri mestieri, diventare più piccole, più semplici e più sicure.

Quando la BCE dà liquidità alle banche per aiutarle dobbiamo essere sicuri che la dia a degli istituti di credito che la possono usare solo ed esclusivamente per concedere credito alle imprese e alle famiglie e non per comprare titoli di vario genere lasciando le briciole a famiglie e imprese..

P.S. gli economisti più illuminati che teorizzano da tempo la necessità di porre un tetto alle dimensioni delle banche sostengono questa tesi principalmente per ragioni sistemiche e quindi “macro” : io vorrei aggiungere anche una considerazione “micro” e cioè che riguarda la gestione della singola banca: anche se i top manager delle grandi banche non lo ammetteranno mai, neanche sotto tortura, la verità è che il gigantismo, con l’aggiunta della internazionalizzazione, porta con sé inevitabilmente il rischio che diventi sempre più difficile controllare quello che c’è dentro a questi enormi pentoloni non solo per le Autorità di controllo, per gli azionisti, etc, ma anche per gli stessi super boss che ostentano di avere sempre la situazione sotto controllo ma i fatti dimostrano il contrario.

MORTE DEI PASCHI

di Elio Lannutti e Franco Fracassi 12€ Acquista
Articolo Precedente

Cameron mette in guardia l’Europa dopo il caos greco. E il panico arriva ‘in banca’

next
Articolo Successivo

L’incertezza greca pesa su tutte le Borse. Milano si rialza e tenta lo sprint

next