Volevo dedicare il mio spazio ancora una volta alle performances di Giuliano Ferrara in veste di ultras antisarkozysta. Anche perchè temo che “nel paese degli smemorati” molti abbiano dimenticato quella domenica di cinque anni fa – anche allora era il 6 maggio – quando dai microfoni di La 7 uscì un incredibile fuori onda che urlava l’ammirazione, l’entusiasmo, quasi un orgasmo, vissuto dal nostro di fronte al discorso del neopresidente.

Poi è successo quello che è successo e l’amore si è trasformato in odio. E credetemi, a far cambiare il vento non sono state certo gli eccessi di protagonismo, le vacanze milionarie (che tra l’altro, in confronto a certe immagini di villa Certosa, sono roba da poveretti), lo stile di vita un po’ troppo glamour (a proposito, trovo davvero indecoroso il dileggio nei confronti di Carla Bruni che mi pare abbia tenuto in questi anni un comportamento impeccabile). A far cambiare il vento e i sentimenti è stato il sorriso sarcastico rivolto in pubblico a Berlusconi.

Lì è cambiato tutto perché, come diceva una canzoncina del ventennio, “chi tocca Berlusconi / pericolo di morte”. L’oggetto proibito all’epoca era un altro, ma ci siamo capiti. Volevo parlare in dettaglio di queste spudoratezze fonte al contempo di un po’ di malinconia ma anche di tanto divertimento. Ma poi sono arrivate le elezioni amministrative e la loro copertura televisiva, dove sono accadute cose più significative da analizzare. Una in particolare, accaduta nel lungo e interessante speciale pomeridiano che il Tg di La 7 ha dedicato all’annuncio e al commento degli exit poll. Erano, dunque, passate le 17 e i sondaggi davano, almeno su La 7, a Genova Rossi-Doria al 35% incalzato dal candidato cinque stelle e dal terzopolista entrambi attorno al 15. Apriti cielo! Crollo dei partiti, scomparsa della sinistra tradizionale ormai soggetto interessante solo per l’imitazione della Sciarelli fatta dalla Reggiani, fallimento del Pd, come argomentava Belpietro per quale non c’è problema: qualunque cosa accada sotto il cielo, anche un temporale, è un segno del fallimento del Pd. Peccato che il punto di partenza di quella riflessione e argomentazione fosse completamente sballato.

Tanto che Mentana, insospettito dall’odore di bufala chiede, per scrupolo, al suo sondaggista come mai Doria su altre reti è dato al 44%, ricevendone una risposta evasiva. Peccato ancora che Doria, alla fine della manfrina, arrivi oltre il 48, che è diverso rispetto al 44 e tutt’altra cosa rispetto al 35, da cui erano partiti tutti i commenti sulla sinistra scomparsa e sul Pd incapace. Tanto che alle 20 giustamente Bersani comincia la sua conferenza stampa, trasmessa in diretta da Sky Tg 24, parlando dei commenti che fanno di ogni erba un fascio senza neanche badare ai numeri veri.

Ora, io dico una cosa che so non piacerà a molti dei lettori. Ma la dico lo stesso. Che ci siano molti motivi per criticare il Pd, i suoi contrasti interni, il suo segretario e la sua linea politica, può anche essere vero. Ma se la critica più dura e sicura di sé muove da premesse che non hanno nulla a che fare con la realtà, chi sta a pettinare le bambole non è Bersani ma certi commentatori. I quali sarà meglio si occupino della scomparsa delle mezze stagioni: luogo comune per luogo comune, meglio andare sul più sicuro.

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