Dovevano parlare di “93”, l’ultimo romanzo di Victor Hugo dato alle stampe a tre anni dalla tragica avventura della Comune di Parigi del 1871. Alla fine i bolognesi Wu Ming si sono ritrovati a discutere di rivoluzione, quella vera e quella anche solo immaginata. E del loro prossimo libro, che guarda caso racconterà proprio della Parigi di Robespierre e del Terrore, quando la ghigliottina lavorava giorno e notte e i nobili di tutta la Francia si mettevano in salvo fuori dal paese. “Con questo libro abbiamo deciso di prendere di petto l’evento che per noi contiene quello che è successo negli ultimi due secoli. Dentro la rivoluzione francese c’è già tutto, e grazie ai moti rivoluzionari che sono venuti dopo sono arrivate anche spinte artistiche, intellettuali e politiche altrimenti impossibili. A cominciare dal romanticismo”.

Per presentare il romanzo di quello che considerano “il nonno illustre di tutti i romanzieri, oltre che uno dei pochi intellettuali che invecchiando si è spostato a sinistra”, i Wu Ming hanno scelto una piccola libreria bolognese, Rivivere, sede  dell’omonima associazione. “Il romanzo di Hugo – ha spiegato Wu Ming 4 – è stato per noi una bussola per orientarci in un periodo storicamente soffocante, tante sono le fonti da consultare”. Di fronte ai loro lettori i Wu Ming hanno raccontato “93” di Hugo, e ne hanno letto alcune pagine “impossibili da dimenticare”. Poi, come naturale, il pubblico ha preteso notizie sul nuovo romanzo del collettivo bolognese, in uscita nel 2013. “Niente spoiler”, hanno spiegato gli autori. Poi però si sono sbilanciati, con l’avvertenza che “siamo in piena scrittura, quindi molto potrebbe cambiare”. Di sicuro c’è l’impianto narrativo, che sarà diviso in due parti e che dal terrore del 1793 passerà alla restaurazione monarchica. “Sceglieremo personaggi e un punto d’ingresso nella storia che saranno stranianti. Ci sarà sicuramente una protagonista femminile che ci permetterà di raccontare la partecipazione delle donne del popolo alla rivoluzione, ma parleremo anche di bambini e di chi verrà”. In sintesi “aspettatevi un romanzo comico grottesco sul terrore rivoluzionario”.

Difficile saperne di più, molto più facile parlare della rivoluzione non romanzata, quella vera – o quanto meno la sua evocazione – che resta un tema caro al pubblico dei Wu Ming (famoso il loro appello in vista delle giornate di Genova 2001). “Il discorso della rivoluzione è rimasto nascosto per decenni quando invece, visti i tempi, sarebbe davvero urgente parlarne. Forse sono state certe sconfitte storiche, sta di fatto che per lungo tempo lo stesso concetto è rimasto come congelato”. Poi il collegamento con la situazione italiana: “Con la morte del discorso rivoluzionario è morto anche il riformismo, che storicamente ha avuto il compito di offrire risposte accettabili alla voglia di cambiamento. Senza lo spauracchio della rivoluzione non hai riforme, e così sparisce anche la sinistra storica, che infatti oggi è in agonia”. Quando qualcuno dal pubblico ha chiesto di più sulla situazione italiana i Wu Ming hanno messo nero su bianco che per loro “l’arrivo di Monti non è certo la soluzione, anzi se possibile le cose vanno peggio che col governo Berlusconi”. Poi però è arrivata la battuta sibillina: “Due anni prima della rivoluzione francese i giornali dicevano che tutto andava bene. Nessuno pensava che la monarchia sarebbe caduta”.

“Per noi la spinta a riprendere un discorso attualissimo come quello rivoluzionario c’è ed è diffusa in tutta la società – ha concluso Wu Ming 1 – Per ora resta una voglia confusa, ma ormai è come un brusio costante. Dopo tutto c’è un motivo se ad ogni rivolta di piazza se ne discute così a lungo e in modo così allarmato. Quello che nessuno ha il coraggio di dire è molto semplice: non bisogna chiedersi perché succedono certe cose, ma perché non succedono tutti i giorni”.

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