“Io non cambierei una virgola di ciò che ho detto a Sanremo”. Adriano Celentano non è per niente pentito. E dopo l’attacco ai giornali cattolici e alle sentenze della Consulta durante il primo intervento al Festival di Sanremo la sera del 14 febbraio, prende di mira direttamente la Rai, replicando alle accuse dei vertici di Viale Mazzini per il suo intervento alla kermesse musicale la sera del 14 febbraio (riguarda la performance). Il terreno di gioco, questa volta, non è l’Ariston, ma il palco di ‘Servizio Pubblico’ di Michele Santoro. “Credo che l’errore stia proprio nel meccanismo di conduzione della Rai – ha risposto il Molleggiato a una domanda di Sandro Ruotolo sul perché siano arrivate critiche feroci dai dirigenti aziendali nonostante il picco di share – Finché i partiti continueranno a litigarsela, la Rai sarà sempre preda di sotterfugi, intrighi e sospetti a danno del Paese. E’ difficile non pensare che anche la dg Lorenza Lei non sia sottoposta alla pressione dei partiti sia di destra che di sinistra”.

Dalla sponda opposta, poche ore prima della trasmissione, è arrivata la notizia dell’apertura di una procedura per valutare eventuali violazioni del codice etico aziendale che Celentano, pur nella massima libertà di azione concessa dal contratto firmato, si era impegnato a rispettare. Ad attivarla il direttore generale Lorenza Lei, che ne ha dato comunicazione in Consiglio di amministrazione, dimostrando che lo tsunami provocato dal Molleggiato ai piani alti di Viale Mazzini è tutt’altro che dimenticato, anche se l’arma azionata potrebbe risultare spuntata vista l’indeterminatezza dei tempi d’accertamento e delle possibili sanzioni. La Lei avrebbe anche spiegato che la presenza dell’artista sarebbe stata subita dalla direzione generale, che avrebbe appreso della sua partecipazione a cose praticamente fatte.

“Il vento sta cambiando. La prova? l’ascesa del movimento di Beppe Grillo”. “Qualcosa mi dice che il cambiamento è nell’aria e che il vento di questo cambiamento sta diventando una tempesta – ha sostenuto Celentano – Alle prossime elezioni potrebbero esserci delle sorprese. La gente sta cominciando a capire che non si va da nessuna parte se non prendiamo con forza e determinazione la via dell’onestà”. E’ davvero possibile il cambiamento? Secondo lo showman “sì” e prova di ciò starebbe nell’ascesa del Movimento 5 Stelle fondato da Beppe Grillo, un “movimento trasparente, che va oltre il 5 per cento di consensi e che ci fa pensare che possiamo toglierci da dosso la patina oscura tipica dei furbi”. Ma al centro del suo intervento non poteva che rimanere l’esperienza di Sanremo che Celentano considera “conclusa” . “Però non è un problema – assicura – perché il successo è bello, gratificante ma non ha niente a che vedere con la felicità che si prova per esempio in una partita a bocce con quattro amici”.

“I soldi che mi dà la Rai? Sono miei”. Nell’intervista di Sandro Ruotolo registrata a Galbiate, a casa di Celentano, non poteva mancare un passaggio sul compenso ricevuto dalla Rai: 750 mila euro che il cantante ha deciso di dare in beneficenza solo dopo molte polemiche: ”Che colpa ne ho io se mi è capitato di essere uno degli uomini più pagati d’Europa?”. Per lo showman, è una “colossale stronzata” l’accusa secondo cui “farei beneficenza con i soldi dei contribuenti”. Perché? “Se mi chiamano è per un insieme di cose, perché canto, perchè ballo, parlo, perché aggiusto un orologio, o un rubinetto che perde, e poi naturalmente non poteva mancare la colossale stronzata sbandierata da qualche esponente di An e del Pd, secondo cui io farei la beneficenza con i soldi dei contribuenti. E qui io vorrei sapere quanto ci hanno messo a partorire un concetto così rudimentale”. E ancora, sul suo compenso: “Io ho provato a dirgli: ‘Datemi di meno’. E loro mi han detto: ‘No, non è possibile, tu hai una quotazione di mercato e se noi ti diamo di meno poi ci arrestano’. Per cui i soldi che la Rai mi dovrà dare non sono dei contribuenti, sono miei, miei come lo sarebbero quelli di un falegname se aggiustasse un tavolo a qualcuno. Ogni cosa ha un prezzo mi pare, no? Se a Sanremo al mio posto fosse andata la Pivetti, io non credo che avrebbe fatto il 70% di share con punte di 17 milioni di persone, però non si sa mai, magari diceva una cosa intelligente”.

Santoro si rivolge a Marchionne: “Sentenza abnorme”. La trasmissione è cominciata – come sempre – con il monologo di Michele Santoro che ha parlato della sentenza che ha condannato la Rai e Corrado Formigli a risarcire con la Fiat con 5 milioni di euro per un servizio andato in onda su ‘Annozero’ nel dicembre 2010: “E’ una sentenza mostruosamente enorme – ha detto il conduttore di ‘Servizio Pubblico’ – e, se venisse confermata, potrebbe non solo finire un’azienda ma potrebbe anche stracciare la vita di un giornalista. E potrebbe tenere lontano molti giornalisti dal toccare i centri di potere. Non voglio parlare nel merito della sentenza, dico solo che la sentenza deve esser equa e sono convinto che in appello giudice potranno valutare se ci sono gli estremi per cambiarla”. Santoro ha posto due domande a Sergio Marchionne: “Se lui ritiene che con questa sentenza il marchio Fiat sia più simpatico, ma soprattutto vorrei parlare non del diritto ma della necessità della critica. Perché Marchionne è dovuto intervenire quando l’azienda è arrivata sull’orlo del fallimento, oppure perché certi modelli si sono rivelati un flop. Se questa seconda causa è importante gli italiani dovrebbero andare indietro col pensiero a giornali e tg: quali difetti ci avevano presentato? Nessuno, sono stati presentati come modelli vincenti. Questo ci fa pensare che senza critica non solo invecchia il Paese, ma anche l’azienda”.

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Scoperta sensazionale: la Rai ha un codice etico

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