“Vorremmo avere un sindacato che non protegge assenteisti cronici, ladri e quelli che non fanno il loro lavoro”

Queste le parole pronunciate da Emma Marcegaglia a un convegno di Federmeccanica. Parole sopra le righe, forse dal sen fuggite, che hanno ricevuto risposte sopra le righe, per esempio da Antonio Di Pietro. Vorrei comunque cogliere l’occasione per fare un po’ d’ordine nelle idee alquanto confuse circa ruoli, responsabilità, norme e applicazioni delle stesse.

Cominciamo dalla difesa di fannulloni, assenteisti e ladri, senza negare che tra i lavoratori queste categorie probabilmente esistono, così come statisticamente probabilmente esistono tra i medici, i banchieri, gli ingegneri, gli economisti, i professori universitari e gli imprenditori; bene, per i ladri (dimostrati) c’è il codice penale che dovrebbe essere applicato dalla magistratura e in caso di condanna il licenziamento c’è e non c’è articolo 18 che tenga. Anche per l’assenteismo se dimostrato tale secondo le norme, c’è il licenziamento, dopo le dovute ammonizioni e sanzioni intermedie; perfino per le lunghe malattie c’è il licenziamento, ove l’assenza superi un limite di tempo (elevato). Un po’ più difficile beccare i fannulloni, perché essendo l’onere della prova a carico del datore di lavoro, non sempre si riesce a dimostrare la pervicace tendenza a non fare nulla; in ogni caso, per la negligenza recidiva è previsto il licenziamento.

Fin qui tutto chiaro; la domanda successiva è: chi deve fare applicare le sanzioni? E la risposta, come è logico che sia, è: la magistratura (del lavoro) a seguito di regolari cause. Insomma, le leggi ci sono, trattasi non di cambiarle, ma di applicarle correttamente; suggerirei pertanto agli sfascisti dell’articolo 18 di volgere le loro possenti armi verso chi secondo loro non le applica e non verso le norme che sono sufficientemente ben fatte.

E veniamo al ruolo del sindacato, che, ovviamente, è un’organizzazione corporativa: in una vertenza di lavoro, il sindacato svolge le funzioni dell’avvocato difensore, come deve essere. Avete mai sentito un avvocato dire che il suo cliente deve essere condannato? Io mai, a parte i casi di flagranza di reato nel qual caso l’avvocato invoca la clemenza della corte e le attenuanti. Pertanto non mi aspetto di sentire un sindacalista, a parte i casi estremi di altrettanto “flagrante reato” sostenere che il suo iscritto deve essere licenziato. Di solito dall’altra parte della barricata c’è un avvocato dell’azienda che invece sostiene che il lavoratore deve essere licenziato e svolge nella fattispecie il ruolo che nei processi penali è del pubblico ministero.

Ma, udite, udite, in mezzo c’è un Giudice che è quello che in ultima analisi ha il potere di fregarsene altamente delle istanze dell’una o dell’altra parte e decide.

Se alla Sig.ra Marcegaglia non piace il modo in cui la magistratura del lavoro applica le leggi (ed è legittimo che possa non piacerle) è lì che dovrebbe rivolgere i suoi strali; pretendere che il sindacato non difenda i suoi iscritti mi sembra francamente un po’ troppo. Perché deve essere chiaro che il sindacato è dalla parte dei lavoratori, così come Confindustria è dalla parte degli imprenditori; non mi pare che nessuno chieda a Confindustria di cambiare le proprie modalità di azione.

Troppo mi sembra anche che siccome l’art.18 viene usato male lo si voglia abolire; estremizzando, si vorrebbe per caso abolire dal codice l’attenuante della incapacità di intendere e di volere se uno o più giudici la usassero a sproposito? Penso che non passerebbe per la mente a nessuno, pertanto suggerirei di farsi anche passare le manie parossistiche in tema di articolo 18 perché la polemica sul suo utilizzo da parte del sindacato a difesa di ladri, assenteisti e fannulloni è stucchevole e assurda. Se invece vogliamo parlare del ruolo dell’articolo 18 in connessione o contrapposizione con ammortizzatori sociali, scivoli alla pensione, riduzioni di organici, disoccupazione, pensione a 70 anni etc. facciamolo, ma per favore in modo serio.

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