Pristina, le celebrazioni per l'anniversario dell'indipendenza

Per promuovere nel mondo l’immagine del Kosovo che celebra oggi il quarto anniversario dell’indipendenza, il Governo ha speso circa un milione di euro per uno spot in onda sulla Cnn e su altre tv. Solo che la scritta “Newborn“, il monumento-simbolo nel centro di Pristina, per errore è diventata “Newporn“. L’incidente è stato risolto quasi subito tra l’ilarità dei kosovari che in questi giorni addobbano locali pubblici, balconi e automobili con tre bandiere: Usa, il grande sponsor dell’indipendenza, Albania e Kosovo. E proprio da un americano, il diplomatico in pensione Gerard Gallucci inviato Onu in Kosovo fino al 2008 – arriva l’analisi più severa: “Fino a quando gli Stati Uniti incoraggeranno Pristina a chiedere il cento per cento di tutto, il governo kosovaro non sarà mai disponibile al compromesso con la Serbia. La bipartizione del Kosovo è una realtà, il punto chiave è che i Paesi che supportano Pristina non accettano il fatto che i serbi del nord rifiutano l’autorità albanese”.

Il 2012 sarà un anno chiave per il Kosovo, che in una risoluzione ha appena chiesto, entro il 31 dicembre, la fine dell’indipendenza controllata dalla comunità internazionale. Il premier Hashim Thaci ha definito il 2012 “l’anno europeo” del Kosovo, che rimane l’unico Stato in Europa a non avere la liberalizzazione dei visti. Eulex, la più grande missione civile nella storia dell’Unione Europea, è in Kosovo dal 2008 e costa 165 milioni di euro l’anno. La exit strategy definitiva, l’introduzione di Pristina nella Ue, è vista come l’opportunità più valida per migliorare le condizioni di vita dei kosovari e soprattutto per sfumare le tensioni etniche. Corruzione, disoccupazione al 45 per cento e criminalità fanno del Kosovo uno Stato che non riesce ancora a camminare sulle proprie gambe nonostante i tre miliardi di euro di aiuti ricevuti negli ultimi 11 anni. Eulex ha appena messo sotto inchiesta il presidente dell’associazione dei veterani con l’accusa di aver votato 150 volte nel corso delle elezioni del dicembre 2010.

Kosovo e Serbia hanno in comune l’interesse a entrare nella famiglia europea, Bruxelles ha in mano lo strumento degli aiuti economici su cui far leva. La stessa Ue però non ha una posizione unitaria, dal momento che cinque Paesi membri (Grecia, Spagna, Slovacchia, Romania e Cipro) per possibili complicazioni interne si rifiutano di riconoscere il Kosovo. Balcanizzazione dell’Europa o europeizzazione dei Balcani?

Il cuore della questione è il nord del Kosovo, a maggioranza serba. A Leposavic, Zubin Potok, Zvecan e Mitrovica nord martedì e mercoledì scorso si è votato sul riconoscimento dell’autorità kosovara. Più che l’esito del referendum auto organizzato (99,74 per cento di “No” tra le oltre 26mila persone andate a votare), è la certificazione dell’esistenza di un’altra nazione dentro lo Stato del Kosovo. Una nazione – dove Eulex non ha libertà di azione, tantomeno il governo di Pristina – che si è organizzata nelle istituzioni parallele, che usa il dinaro serbo, che da luglio scorso ha eretto barricate dopo che la polizia kosovara aveva tentato di prendere il controllo di due punti di frontiera con la Serbia fino a scontrarsi duramente con l’esercito Nato. Dalla loro parte si sono schierati i partiti di opposizione a Belgrado. Temendo conseguenze negative a livello internazionale, vale a dire il mancato riconoscimento dello status di Paese candidato all’ingresso nella Ue (se ne discuterà a marzo dopo la bocciatura dello scorso dicembre), il Governo ha fin da subito condannato il referendum definendolo “dannoso, inutile e senza senso”. Il piano elaborato dal presidente serbo Boris Tadic prevederebbe l’istituzione di una entità autonoma, il Nord Kosovo, ipotesi neanche presa in considerazione da Pristina.

All’orizzonte c’è la ripresa, martedì, dei colloqui Serbia-Kosovo sotto la supervisione della Ue. Sul tavolo il riconoscimento della rappresentanza kosovara nei forum regionali – non riconoscendo Pristina, Belgrado si rifiuta di sedere allo stesso tavolo nelle conferenze internazionali – , la collaborazione sulle telecomunicazioni e sulla rete elettrica e l’applicazione degli accordi già raggiunti sulla gestione integrata delle frontiere comuni.

di Alessandro Cesarini

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