Un aereo bloccato dalla neve

Disse tutto in un pub, luogo prediletto per gli sfoghi dei cittadini del Regno Unito, soprattutto dopo un paio di pinte di birra. E nessuno si scandalizzò. Ma poi scrisse tutto su Twitter, e per questo fu arrestato, tenuto in custodia per otto ore, gli furono sequestrati cellulare e computer e in primo grado fu poi persino condannato a una multa e a pagare le spese legali. “Farò esplodere l’aeroporto”, aveva twittato dopo aver saputo che lo scalo di Doncaster, dal nome del leggendario Robin Hood, era stato chiuso per neve. Lui, dopo una settimana avrebbe dovuto prendere un aereo per l’Irlanda del Nord, per raggiungere la sua futura ragazza a Belfast. E, in questo tweet, Paul Chambers, ora ventisettenne, sosteneva appunto che se il personale aeroportuale non avesse provveduto in tempo alla riapertura delle piste, ecco, lui avrebbe fatto il gesto ‘insano’. “Era solo una metafora – dicono ora gli avvocati – avrebbe potuto dire ‘Scalerò tutte le montagne per te’ e sarebbe stata la stessa cosa”.

Qualche giorno fa i giudici dell’appello si sono ritirati per decidere. Ha ragione Paul Chambers, si trattava solo di uno scherzo di cattivo gusto? Oppure – accertato comunque che mai il giovane avrebbe messo una bomba – i giudici dovranno sanzionare l’aspetto minaccioso di questo messaggio affidato al Web? Lo stesso management dell’aeroporto aveva subito ‘perdonato’ Chambers. Non si era mai visto prima, infatti, un ‘terrorista’ che firmasse con il suo nome e cognome una minaccia di bombe e di morte. Eppure, per tutto questo paradosso, il ragazzo ha finora dovuto pagare qualche migliaio di sterline, ha perso due lavori – il primo perché fu arrestato proprio in ufficio, di fronte i colleghi – ed è riuscito a preservare il rapporto solo con quella sua ragazza di Belfast che ora è sua fidanzata ufficiale.

Ma per Paul Chambers il mondo di Twitter si è subito mosso. In una campagna chiamata ‘Io sono Spartaco’, oltre quattromila persone hanno rilanciato il messaggio sui loro profili. E nessuna, chiaramente, è stata arrestata per questo. Per il giovane si sono mossi pure personaggi della televisione e della cultura come Stephen Fry e comici come Al Murray e Graham Linehan. Quest’ultimo, fuori dal tribunale ha detto: “Se potessimo essere veramente tutti condannati per i nostri scherzi, saremmo proprio nei guai”. E Murray, che ha organizzato anche concerti per raccogliere fondi per Chambers, ha aggiunto: “Io difendo il diritto di ognuno di fare scherzi, anche pesanti. Io del resto mi guadagno da vivere così”.

Nel Regno Unito ci si chiede: i giudici e la giustizia non si sono aggiornati ai nuovi modi di comunicare? Siamo un Paese veramente democratico? E che fine faranno le vere minacce di morte se nessuno è più in grado di distinguere uno scherzo dalla realtà? Tutto questo si sono chiesti i quotidiani britannici in questi giorni. Intanto, i licenziamenti o le mancate assunzioni dovuti a quello che si scrive su Facebook sono già realtà. Come successe ad Adrian Smith – un caso salito agli onori delle cronache – che sulla sua pagina personale si dichiarò contrario al matrimonio gay. Questo non piacque ai suoi datori di lavoro. E non gli fu dato un bonus da 14mila sterline. Le nostre opinioni ‘virtuali’ iniziano così a costare soldi. E, talvolta, anche la tranquillità e la serenità di un semplice ragazzo che si era un po’ arrabbiato perché la neve si era frapposta fra lui e la sua amata.

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