Una parte del tesoro di Michele Zagaria, il boss del clan dei casalesi arrestato pochi giorni fa, potrebbe essere custodito in Emilia Romagna. O, alla peggio, se non ci fossero beni o denaro riconducibili al mammasantissima della camorra casertana, ci possono essere quanto meno informazioni utili a individuarlo. Più nello specifico si sta cercando a Sant’Agata Bolognese, comune della provincia a una trentina di chilometri del capoluogo, dove uomini del comando provinciale della guardia di finanza di Napoli si sono presentati questa mattina.

In mano loro un mandato di perquisizione a carico di due imprenditori che risiedono e operano tra la provincia di Modena e quella di Bologna, ma che sono originari di Casapesenna, il centro del casertano dove è stato arrestato Zagaria. Le perquisizioni sono state condotte in abitazioni private, ma soprattutto nelle aziende dei due imprenditori, che si vanno ad aggiungere a un’altra trentina portata avanti nelle stesse ora in tutta Italia, anche al nord (in Liguria, più nello specifico, nella zona di Sanremo. Le restanti hanno riguardato Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Trentola Ducenta e la stessa Casapesenna).

Per tutti si tratta di familiari o persone riconducibili direttamente a Michele Zagaria e al suo entourage. E nel comune bolognese gli uomini delle fiamme gialle se ne sono andati dopo aver messo sotto sequestro materiale di natura eterogenea. Tra questo, personal computer, penne usb, documenti commerciali e contratti per l’aggiudicazione e la partecipazione ad appalti pubblici condotti anche in altre zone della provincia di Bologna.

Al momento su informazioni di dettaglio vige il riserbo degli inquirenti partenopei. Già ripartiti alla volta del capoluogo campano, questa documentazione verrà esaminata nei prossimi giorni dai magistrati coordinati dal pubblico ministero della Dda di Napoli Catello Maresca. Ma in base a episodi pregressi va detto che che Sant’Agata Bolognese sarebbe un centro in piena Emilia Romagna già finito al centro delle cronache proprio in relazione a vicende che riguardano il clan dei casalesi.

Era accaduto a fine agosto 2009 quando era stato arrestato un ventiquattrenne, Giorgio Simonetti, da parte dei carabinieri. Accusato di aver aggredito un cittadino senegalese e di aver reagito quando si erano presentati i militari, l’uomo aveva raccolto una strana forma di solidarietà dato che a sua volta è stato ritenuti vicino a presenze casalesi in zona. Dunque aveva destato allarme quanto era accaduto nel momento in cui i carabinieri avevano portato il giovane in caserma. A un certo punto, infatti, una trentina di persona tra parenti e amici si era radunata fuori dall’edificio chiedendo la liberazione del fermato. Per evitare che la situazione degenerasse, erano stato chiamati in rinforzo militari di San Giovanni, Bologna e Borgo Panigale.

E ancora, nell’aprile 2008, sempre a Sant’Agata era stato arrestato un imprenditore edile, Armando Abatiello, che aveva legami familiari con un altro dei boss dei casalesi, Raffaele Diana. A suo carico gli inquirenti avevano ipotizzato il coinvolgimento in un giro di estorsioni nel settore delle mattone. In particolare il sospetto era che il costruttore residente in provincia di Bologna avesse fornito supporto logistico ad altre persone ritenute complici.

di Antonella Beccaria e Davide Turrini

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