Inaccettabili e contro ogni regola. Così Mosca ha bocciato, senza mezzi termini, il nuovo pacchetto di sanzioni annunciate da Washington contro Teheran per colpire il controverso programma nucleare iraniano. Il ministero degli Esteri russo, infatti, non ha tardato a reagire allo sprint arrivato da oltreoceano. E a definire le misure statunitensi “extraterritoriali” e dunque “inaccettabili e contro il diritto internazionale” sottolineando come le nuove restrizioni abbiano “impatti sulle compagnie di Paesi terzi che collaborano con l’Iran nell’industria petrolifera e della raffinazione”.

Le sanzioni in questione annunciate ieri da Usa, Gran Bretagna e Canada, infatti, colpiscono duramente alcuni settori. Quello energetico certamente ma anche quello bancario. Le banche iraniane salgono così in cima alla lista dei nemici degli Stati Uniti, e in base alla legge antiterrorismo del 2001 rappresentano da oggi una minaccia al sistema finanziario globale . “Tutte le entità finanziarie di qualsiasi parte del mondo che avvieranno transazioni che comprendono la Banca centrale o qualsiasi banca iraniana che operi in Iran o all’estero – ha tenuto a precisare proprio il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner – Rischiano di appoggiare le attività illecite dell’Iran”.

Il giro di vite occidentale su Teheran è arrivato puntuale dopo la pubblicazione, all’inizio del mese, dell’ultimo attesissimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) sullo sviluppo del nucleare iraniano. Il documento fa riferimento ad esperimenti “rilevanti per lo sviluppo di un ordigno nucleare” e contiene elementi definiti preoccupanti dalle cancellerie occidentali. Ma conserva anche una serie di zone d’ombra. Non tanto sulle competenze acquisite da Teheran negli ultimi anni, ma sull’intenzione di usare il programma nucleare per fini effettivamente non civili. Senza considerare l’ipotesi, non scartata dal rapporto Aiea, che Teheran non abbia realizzato un programma nucleare prettamente militare, ma che abbia utilizzato quello civile per mettersi nelle condizioni, qualora fosse necessario, di realizzare a stretto giro ordigni nucleari.

Ma che fossero pronte nuove misure contro l’Iran era già evidente nelle settimane precedenti alla pubblicazione del rapporto dell’Agenzia, tra indiscrezioni su un presunto piano di intervento già pronto di Londra e Washington contro Teheran e l’insistenza israeliana su una sempre più possibile opzione militare, osteggiata per altro da una nutrita fronda di ministri contrari al pugno di ferro del premier Benjamin Netanyahu.

Fatto sta che oggi, mentre il governo di Mahmoud Ahmadinejad definisce “inutili” e “riprovevoli” le misure varate dagli Usa, anche Bruxelles si prepara a stringere la corda. L’Unione europea, infatti, ha approvato proprio in mattinata un accordo di principio sull’estensione delle sanzioni contro l’Iran ad almeno 190 nuovi nomi tra personalità vicine al regime e società (per lo più del settore energetico) che vedranno a breve termine congelare i propri fondi, insieme ai propri visti di ingresso nell’Unione. Perché il nulla osta sia definitivo manca solo il sì dei ministri degli Esteri dell’Unione che si riuniranno il prossimo 1 dicembre. Ma non dovrebbero esserci sorprese.

Sulla linea dura non ha dubbi neanche il nuovo ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, in prima linea per ottenere il sì dell’Ue a nuove restrizioni. “Dobbiamo impedire che l’Iran abbia l’arma atomica” ha scritto su Twitter il nuovo titolare della Farnesina. Motivo per il quale “L’Italia sostiene con piena convinzione il piano di sanzioni economiche nei confronti dell’Iran annunciato dall’amministrazione statunitense” per “indurre le autorità di Teheran a un atteggiamento di collaborazione con l’Aiea” e dissipare “i seri dubbi sulla natura del programma nucleare iraniano”.

di Tiziana Guerrisi

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