Qualche tempo fa un mio post dal titolo Io tornerò e tu? scatenava le ire di parecchi lettori di FQ Londra. Oltre a non saper cucinare gli spaghetti alla carbonara, mi rimproveravate il confronto tra l’università italiana e quella inglese. Devo dire che al momento ci sono rimasto di sasso, non riuscendo a trovare le parole giuste per ribattere. E’ passato un po’ di tempo da allora, ho fatto nuove esperienze universitarie ed ora mi piacerebbe rispondervi.

Nell’articolo in questione parlavo della mia esperienza universitaria a Londra. Nemmeno per un istante ho voluto parlare di offerta didattica e difatti non l’ho fatto. Eppure molti vostri commenti si sono concentrati proprio su questo, sostenendo che l’università inglese non offre una  preparazione migliore di quella italiana. E in un certo senso sono d’accordo. Lasciate che mi spieghi.

E’ indubbio che uno studente italiano di Sociologia esca dall’università con una preparazione ben maggiore rispetto a quella di un suo collega inglese. Non si tratta di generalizzare, è una legge fisica. Sì, perché da questo punto di vista, sarebbe impensabile paragonare l’offerta formativa inglese a quella italiana. Ed è così perché i due sistemi universitari, avendo fisionomie completamente diverse, richiedono allo studente uno studio qualitativamente e quantitativamente diverso. Detta in altre parole: gli studenti italiani studiano molto di più degli inglesi. Nemmeno Oxford e Cambridge possono considerarsi delle eccezioni: se chiedi agli inglesi perché le considerino difficili, risponderanno che lì viene richiesto di scrivere un essay (saggio) alla settimana. Provate a sottoporre agli studenti di Oxford un volume dei vostri e vedrete che ringrazieranno il cielo di non essere nati in Italia.

C’è poi da dire che per quanto riguarda le materie pratiche, come giornalismo, è tutta un’altra storia. Forse giornalismo non è l’esempio più felice, non esistendo in Italia il corso di laurea in giornalismo (no, Comunicazione non è un corso di giornalismo). Ma se esistesse, penso che i suoi corsi suonerebbero più o meno così: “Storia del giornalismo 1”, “Storia del giornalismo 2”, “Storia del Giornalismo la vendetta” ,“Storia dei mezzi di comunicazione: dal calamaio alla biro”, “Evoluzione dell’interlinea nei quotidiani italiani dall’800 ad oggi” e via dicendo. Si diventerebbe dottori in Giornalismo senza aver mai scritto un solo articolo in tre anni.

Ora mi direte: la società inglese non è perfetta. E’ vero, ma quella italiana lo è ancora meno, eppure in molti stanno ancora dormendo, nonostante per Diritto pubblico abbiano studiato un volume di 1000 pagine. Sapere che una società funzionante può esistere, anche se non nell’immediato: è questo che rende gli inglesi più “civili” di noi, è questo che gli impedisce di alzare le spalle di fronte ad un paese imperfetto. Ma per sapere che la società non ci è nemica dobbiamo imparare a fidarci.

Ed ecco la domanda per chi si accaniva sulle mie scarse doti culinarie: dove imparano gli studenti inglesi la fiducia nella società? Di certo non all’università italiana.

di Ruggero Galtarossa, studente di giornalismo e sociologia alla City University, Londra

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