“Ci hanno sacrificato per salvare il palazzi del potere”. E’ la dura accusa di due poliziotti, sindacalisti al Primo reparto mobile di Roma. Due celerini insomma, Gino e Angelo, rispettivamente segretario e vicesegretario del Silp-Cgil nel reparto, che raccontano gli scontri di Roma del 15 ottobre in un’intervista a Michele Santoro su Servizio Pubblico, il sito messo in piedi per sostenere l’avvio del nuovo progetto editoriale del giornalista. “Sentivamo via radio i colleghi chiedere aiuto”, spiegano, “dicevano ‘li abbiamo da tre lati, ci stanno accerchiando’, ma nessuno dava l’ordine di interventire”.

I black bloc, spiegano ancora, hanno “preso” piazza San Giovanni alle 16,30, ma l’ordine di intervenire “ci è arrivato solo alle 18,30, non capiamo perché”. Da qui l’accusa a chi ha gestito l’ordine pubblico il 15 ottobre: evidentemente, i poliziotti impegnati in piazza San Giovanni, quelli che hanno subito l’incendio del blindato e vere e proprie cariche da parte dei manifestanti violenti, “sono stati ritenuti sacrificabili per garantire la sicurezza di una zona ristretta”.

La “zona ristretta”, come si capisce chiaramente dall’intervista rilasciata a Servizio Pubblico, sono “Palazzo Chigi e gli altri palazzi del potere”. Per arrivarci, i manifestanti avrebbero dovuto superare “quattro sbarramenti”. E’ per non sguarnirli, affermano i due poliziotti-sindacalisti, che sono stati abbandonati al loro destino i colleghi di piazza San Giovanni. In un frangente in cui, dicono Gino e Angelo, qualcuno “voleva il morto, ma tra i poliziotti”.

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