Tutto come previsto. Nelle cause quanto negli effetti. L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha abbassato di un gradino (da AA ad AA-) il giudizio di lungo termine sulla Spagna, evidenziando al tempo stesso un outlook negativo. La decisione, che segue di una settimana un analogo provvedimento di Fitch, trova le sue motivazioni nelle ridotte prospettive dell’economia iberica. La Spagna, insomma, non cresce abbastanza. Un problema particolarmente sentito dagli operatori che, soprattutto sul fronte dei derivati, sembrano ultimamente più inclini a premiare le prospettive di espansione economica che gli sforzi, per quanto encomiabili, condotti dai governi sul fronte del rigore di bilancio. C’è riuscita, ad esempio, l’Irlanda, da qualche mese investita da nuove ondate di fiducia da quando ha ripreso a sperimentare un incremento del Pil dopo due anni di recessione.

Nei mesi scorsi, Madrid aveva fissato all’1,3% la quota obiettivo per la crescita del Pil, salvo ammettere successivamente di non poter mantenere la promessa. La misura del ridimensionamento, su cui pesa la brusca frenata dell’intero continente, l’ha offerta oggi proprio S&P’s secondo cui l’espansione dell’economia nazionale non dovrebbe superare quest’anno lo 0,8% (l’1% nel 2012). In pratica una correzione al ribasso di mezzo punto percentuale rispetto alle previsioni realizzate nel febbraio scorso. “Nonostante la presenza di segnali di recupero nella performance economica, vediamo ancora rischi evidenti per le prospettive di crescita della Spagna per l’alto livello di disoccupazione, le difficili condizioni finanziarie, l’ancora elevato indebitamento privato e la contrazione economica vissuta dai principali partner commerciali del Paese” si legge nella nota ufficiale dell’agenzia di rating.

I riflessi ovviamente non mancano, in particolare sul fronte contabile. Oggi, i tassi di interesse sui bond decennali spagnoli viaggiano a quota 5,27%, più o meno 60 punti base al di sotto dei livelli italiani (che sfiorano il rendimento del 6%). Per il momento, siamo ancora distanti dalla temuta quota 7%, ovvero da quella soglia critica che identificherebbe, secondo gli analisti, un livello non più sostenibile per i conti pubblici. Il debito spagnolo resta infatti relativamente contenuto, specialmente nel confronto con le altre economie europee. Ma la componente degli interessi sul debito stesso rappresenta ancora una voce problematica. Difficile, infatti, che la Spagna possa chiudere l’anno con un rapporto deficit/Pil non superiore al 6%, cifra obiettivo pari, in ogni caso, al doppio di quanto imposto dalle norme europee di stabilità che, fin dai tempi di Maastricht, fissano la soglia al 3%.

L’unica vera consolazione, per il momento, viene dalla reazione dei mercati. Oggi la borsa di Madrid ha chiuso positivamente, con l’indice di riferimento Ibex in crescita dello 0,26%. Come risposta a un declassamento non è davvero niente male, ma va sottolineato che quello vissuto in questi ultimi tempi dalle borse è un momento decisamente particolare. L’impressione sempre più netta, anticipata qualche settimana fa da alcuni analisti, è che le piazze finanziarie stiano vivendo una sorta di prolungato rimbalzo dopo i ribassi eccessivi sperimentati questa estate. In sostanza, è come se la speculazione di luglio e agosto avesse deprezzato talmente tanto i bond sovrani e le azioni delle compagnie private da portarli ben al di sotto del loro ipotetico valore reale.

In altre parole, i principali titoli del mercato sono ancora sottovalutati e per questo attraggono nuovi compratori che ne alimentano la spirale rialzista. Un fenomeno che interessa anche l’Italia. In questo senso, dunque, anche i forti cali registrati ieri sulla piazza di Milano sono apparsi più un incidente di percorso che l’avvio di una nuova tendenza ai ribassi. Oggi, Piazza Affari ha guadagnato quasi 2,5 punti percentuali, in conseguenza dello scontato rimbalzo dopo la debacle di ieri. Bene Fiat e i titoli bancari tra cui l’osservata speciale Unicredit che oggi guadagna il 2,32%. I titoli di Piazza Cordusio, che lo scorso 23 settembre avevano registrato il minimo storico di 64 centesimi per azione, sono nuovamente prossimi all’ambita quota 1 euro.

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