Grande folla alla manifestazione di Libertà e Giustizia

“E’arrivato il momento in cui tutti ci dobbiamo dare da fare per il bene della collettività”: l’appello del premio Nobel Dario Fo è forse la sintesi più riuscita di “Ricucire l’Italia” , la manifestazione organizzata da ‘Libertà e Giustizia‘ all’Arco della pace di Milano. Sole, vento, tante personalità sul palco, quasi 25mila persone ad ascoltare gli interventi: sono gli ingredienti di un successo che sembra essere la seconda tappa di quanto avvenuto a febbraio scorso, quando l’associazione chiese pubblicamente le dimissioni di Berlusconi. Dai 10mila del Palasharp ai 25mila di oggi il passo è breve. “Le piazze si riempiono quando non sono i partiti a chiamarle” ha detto il vicedirettore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, che ha interpretato in tal maniera la voglia di cambiamento proveniente dalla base del Paese.

“Proviamo scandalo per ciò che traspare dalle stanze del governo, ma ci pare anche più gravemente offensivo del pudore politico un Parlamento che, in maggioranza, continua a sostenerlo, al di là di ogni dignità personale dei suoi membri”: è ciò che ha scritto, invece, il presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky nell’appello in apertura dell’evento. Su intercettazioni e legge bavaglio, ha aggiunto: “In democrazia è importante conoscere anche ciò che non è penalmente rilevante”. Gli ha fatto eco Marco Travaglio, che ha ricordato come il bavaglio non sia una creatura solo di centrodestra, visto che tutto l’arco parlamentare lo ha voluto, tranne qualche rara eccezione. Per il giornalista, inoltre, non ci si può fidare di una maggioranza che parla della possibilità di inserire l’ennesima sanatoria nel dl sviluppo dopo averne fatti già 18 in pochi anni.

Ad aprire le danze è stata Sandra Bonsanti, presidente dell’associazione organizzatrice, che dopo aver citato Primo Levi e Don Ciotti, chiesto un minuto di silenzio per le donne di Barletta e detto che “la società civile vuole pesare” (“non voteremo chi vota la legge bavaglio”), ha letto un messaggio inviato per l’occasione da Umberto Eco. “In questo spaventoso declino della vita politica italiana facciamo sentire la voce di una società civile ancora sana, così da far capire anche all’estero che l’Italia vera siamo noi” ha scritto il professore.

Numerose le personalità alternatesi sul palco, con Luisella Costamagna a coordinarne gli interventi. Presenti gli storici Paul Ginsborg e Salvatore Veca, gli ex magistrati Bruno Tinti e Giuliano Turone, il sociologo Marco Revelli, il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia, Claudio Fava di ‘Libera’, il segretario della Fnsi Franco Siddi, i costituzionalisti Lorenza Carlassare e Valerio Onida, i giornalisti Michele Serra, Lirio Abbate e, come detto, Marco Travaglio, più tutta una serie di altri ospiti di rilievo.

Dopo l’intervento di Sandra Bonsanti, il primo a parlare è stato il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che dal palco si è detto sicuro della imminente fine politica di Berlusconi e della sua coalizione. “Milano è la città da cui è partito il cambiamento dell’Italia – ha detto il primo cittadino – . Al Palasharp – ha ricordato – io avevo lanciato una sfida a Berlusconi, dicendovi ‘la prossima volta sarò  il vostro sindaco’. Abbiamo vinto a maggio scorso e vinceremo la prossima volta, che sono convinto sarà presto”. Successivamente, Pisapia ha parlato della manovra finanziaria e delle conseguenze funeste che essa ha avuto e continuerà ad avere nelle politiche degli enti locali, collegando i due aspetti. “Il governo ha capito che dalle città si sta alzando un vento nuovo, perciò con la manovra penalizza le risorse locali per frenare il cambiamento, ma il vento nuovo continuerà ad alzarsi” ha detto il sindaco, che poi ha lasciato spazio al primo frammento del videomessaggio inviato dallo scrittore Roberto Saviano.

L’autore di Gomorra ha rivendicato il “diritto alla felicità” che “non può che avvenire in una società di diritto”. Poi ha parlato del crollo di Barletta e della morte delle operaie senza contratto. “Il lavoro nero sta proteggendo l’Italia dalla crisi spesso i padroni sono ex lavoratori in nero a loro volta che vivono in queste condizioni – ha detto Saviano – . Trovarsi insieme è un modo di non perdere la speranza, di resistere all’idea che il talento non serva nulla, che vale una segnalazione. Se ragioniamo così hanno già vinto loro, chi è in questo momento al governo, cerca di far passare l’adagio che siamo tutti uguali e che chi critica è ipocrita, perché si comporta nello stesso modo e vuole solo la nostra poltrona”. Come si risponde a tutto questo? Per Saviano non ci sono dubbi: “Trovando la possibilità di coinvolgere le persone in un grande progetto di riforme per cambiare passo e superare questa realtà ossidata”. Questo, per lo scrittore “è il momento di osare di più”.

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