Quel che resta di Paganico Sabino rischia di scomparire a suon di tagli. Al paese, una delle vituperate Comunità montane d’Italia, si arriva lasciando Rieti e inerpicandosi lungo la Salaria verso la zona montuosa del Turano. Arrivati lì non c’è molto. C’è il comune, la posta, un alimentari, il fornaio. E 180 abitanti, quasi tutti anziani, che sopravvivono come una comunità isolata dal mondo, sfiancata dalla storia. Non hanno i contatori dell’acqua ma alle loro spalle, lungo la vallata, il regime di Mussolini ha voluto costruire nel ’38 una grande diga e un bacino artificiale lungo 36 chilometri da usare come serbatoio per la centrale elettrica di Cotiglia, che serve Rieti. Quella grande pozza ha contribuito allo spopolamento di Paganico che è passata da un migliaio di abitanti a meno di duecento. La sorte sfortunata sembra scritta nell’epigrafe funeraria di epoca romana che dà nome al centro abitato (pagus). Perché appena lasciato il borgo centrale, si ha la sensazione di aver visto solo lo scheletro al paese che fu. E quanto racconta il primo cittadino, Clemente Dominici, lo conferma. Perché quello che lo Stato non ha finito settant’anni fa lo porta a termine il governo oggi, togliendo al comune la possibilità di rimanere il baluardo di una collettività che vive ai margini, rischia l’isolamento e la scomparsa. A lavorare qui sono i tre dipendenti comunali, sette tra operai e impiegati e una famiglia di moldavi integrati come badante o muratore.

“I nuovi tagli sono un bel problema perché abbiamo già tagliato il tagliabile negli anni scorsi e ricorrere alla leva fiscale, in un piccolo comune, non ha alcun effetto”, dice Dominici che è un sindaco pendolare: vive a Rieti ma viene fin quassù tutti i giorni da sette anni. La paga: 350 euro netti al mese. Questo il costo della politica per i cittadini di Paganico. Lui apre e chiude il municipio perché da tre anni non c’è segretario comunale. Non ci sono scuole: per l’istruzione ci sono convenzioni con altri paesi, così come per il pulmino per gli alunni, ribattezzato “finché dura”. Apriamo il libro dei conti. Paganico rinunciando a due dipendenti, segretario e responsabile dei servizi, negli ultimi tre anni ha fatto economia per 150mila euro. In cassa quest’anno ne rimangono 40mila. Tutti buoni per la gestione della spesa corrente. “Un tempo si facevano delle cose, c’erano progetti ma ora anche i rubinetti per la compartecipazione regionale si sono chiusi, anche perché dovremmo mettere un 10-20% al finanziamento e questo significa svuotare quel che resta della cassa”.

Paganico ha un centro sportivo. Mica roba da ricchi: c’è il campetto, la rete, gli spogliatoi. Sono stati fatti recentemente lavori di manutenzione per 60mila euro. Non la messa a norma delle strutture che richiederebbe quasi altrettanto. Agli abitanti tocca tenerselo così com’è, sperando non capiti nulla perché altrimenti sono davvero guai. “Vorrei risolvere il problema ma non ci sono i margini”, spiega il sindaco che ha ipotizzato anche l’aumento di qualche tariffa. Ma l’effetto, data la popolazione, sarebbe davvero risibile. Un tempo Paganico faceva dei mutui perché lo Stato si ergeva a garante della rata e finiva come una partita di giro. Ora anche questa porta è chiusa. L’eventuale rata sarebbe a carico esclusivo del municipio che nelle condizioni di Paganico ormai ben poco può garantire.

“I miei concittadini leggono i giornali o guardano la tv ma non hanno capito quanto è grave la situazione. Pensano che il problema sia legato ai costi della politica e che l’amministrazione, la loro compresa, ne faccia parte e quindi possa ridurre ulteriormente le spese. Si accomodino. Non c’è più nulla da ridurre. Abbiamo perfino il ragioniere in convenzione. Ci parlano di accorpamento a Roma, ma di fatto qui è tutto accorpato da tempo”. E intanto, ogni progetto della micro giunta ritorna nel cassetto: parcheggi, manutenzione della rete idrica, delle strade, etc. “Io ho 64 anni e ho visto tutta la parabola di Paganico Sabino, sotto i miei occhi, tra le mie mani di sindaco. Un ulteriore taglio senza altre possibilità di risparmio significa portare a zero il bilancio. Non avere più soldi per essere comunità. A Roma volevano ridurre i comuni e abolire quelli montani. Non lo faranno direttamente. Forse hanno deciso di farlo per via indiretta, semplicemente zoffocandoli a furia di togliere loro l’ossigeno che li teneva in vita”.

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