Per la prima volta, quest’anno, mi ritrovo alla decrescita forzata. Finora le attività “decrescitistiche” sono state una scelta personale, così come accade per tanti. Ma quando la decrescita diventa una costrizione, significa che si comincia ad impattare con quella ineluttabile fase discendente che in tanti abbiamo immaginato negli anni scorsi.

E’ giusto precisare che c’è una bella differenza tra “decrescita forzata” e “non avere i soldi”, prima che salti su la solita anima bella a reclamare che chi “non arriva a fine mese” è da un pezzo che decresce. La decrescita forzata significa dire addio non solo a cose indispensabili, ma anche prive di alternativa. Non significa dover lasciare l’auto, ad esempio, per i mezzi pubblici o la bici. Significa invece rinunciare senza altre soluzioni disponibili. Ci troveremo sempre più spesso a fare di queste scelte.

Chi legge il mio blog da tempo sa che i miei genitori vivono a 600 km di distanza, e che ogni volta che vado a trovarli col bimbo inveisco contro lo stato dei treni e contro i prezzi sempre più folli. Da quest’anno, però, sono forzata ad una scelta drastica: non posso più andare a visitare i miei genitori, né il bimbo a trovare i nonni.

Il prezzo del biglietto ferroviario, andata e ritorno in seconda classe, è arrivato oggi a quasi 250 euro. Non è solo una questione di non poterselo permettere, è proprio che cifre simili significano per milioni di persone rinunciare a viaggiare in treno. In treno: il mezzo dei poveracci, quello che usavano anche i nostri bisnonni caricando insieme bimbi e galline. Quello che abbiamo visto in tanti film e documentari Luce, il mezzo che ha consentito all’Italia più umile di muoversi, di crescere, il mezzo che dava a tutti la libertà. Si partiva in treno negli anni ’30, poi durante la guerra, si tornava a casa nel dopoguerra, si andava al mare negli anni del boom.

Oggi è diventato un lusso che neanche la classe media può più permettersi. Certo, qualcuno obietterà che esistono i regionali e che cambiando 5 o 6 convogli e impiegando 12 ore potrei arrivare a destinazione spendendo poco. Ma infliggere una tortura simile ad un bambino per due volte, per una visita di appena tre o quattro giorni, è impossibile.

Probabilmente il lusso che ci siamo consentiti è stato proprio quello delle visitine lampo a 600 km di distanza. Non potremo più. Decrescita significa anche vedere i nonni solo una volta l’anno, per le vacanze di Natale, quando si va tutti insieme in automobile e risparmiando. E’ doloroso. E’ decrescita forzata. Qualcuno l’ha voluta, qualcuno ha lasciato che accadesse, qualcuno vuole anche convincerci che abbiamo bisogno di treni costosissimi per “sostituire l’auto”. Ah sì? Beh, questi treni possono forse sostituire l’aereo, oppure la Jaguar. Per tutti gli altri, i nonni dovranno aspettare.

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