Qualsiasi azione di tipo militare della Nato, necessiterà di “un chiaro mandato del consiglio di sicurezza delle Nazioni unite”. Lo ha detto il segretario dell’alleanza atlantica Anders Fogh Rasmussen, specificando che tale nuovo mandato servirebbe anche per un “monitoraggio rinforzato dell’embargo sulle armi” imposto alla Libia dalla risoluzione 1970. La Nato ha però fatto sapere di avere avviato un piano per  intensificare la presenza di navi nel Mediterraneo.

La discussione sull’eventualità di un intervento militare, dunque, è sempre più accesa. Oggi si è saputo che il presidente francese Nicolas Sarkozy intende proporre ai partner dell’Unione europea “bombardamenti aerei mirati”, colpendo “un numero estremamente limitato di punti, da dove partono le operazioni più sanguinose” e il bunker di Muhammar Gheddafi. E’ quanto riferiscono fonti vicine all’Eliseo, spiegando che Sarkozy vuole anche criptare i sistemi di trasmissione del comando del colonnello. Secondo fonti ben informate citate oggi da Le Nouvel Observateur, Sarkozy ha assicurato ai due interlocutori libici rappresentanti dell’opposizione che ha ricevuto all’Eliseo stamane, che Parigi è pronta, “se necessario, ad effettuare bombardamenti anche da sola”.

Su una possibile partecipazione dell’Italia ad attacchi alla Libia, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha detto: ”L’Italia non parteciperà a bombardamenti mirati su territorio libico”. Il titolare della Farnesina ha comunque riferito che durante la riunione di questo non si è discusso. Sembrano però andare nella direzione di un intervento anche le parole del presidente della Ue, Herman Van Rompuy: ”I responsabili delle violenze in Libia andranno incontro a gravi conseguenze. L’Unione europea non può rimanere ferma quando si tratta della sicurezza di una popolazione. L’attuale leadership libica deve lasciare il potere senza ritardi”.

Intanto in Libia si continua a combattere. E la situazione incerta mette a rischio la produzione di petrolio. Così oggi l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, rispondendo alle domande degli analisti finanziari sull’attività del Cane a sei zampe nel Paese nordafricano, ha dichiarato: ”Credo che la produzione di petrolio in Libia si fermerà molto presto, questione di giorni”.

Sul fronte dei combattimenti le forze fedeli a Gheddafi oggi hanno martellato dall’aria e dal mare le postazioni dei ribelli attorno alla città petrolifera di Ras Lanuf e l’offensiva si è spinta sempre più a est, mentre in Tripolitania il regime assicura di aver riconquistato Zawiya.

Alle porte di Ras Lanuf un’inviata dell’Ansa ha constatato di persona i raid aerei, che hanno colpito, fra le altre cose, un check point dei ribelli. Un testimone citato da Reuters afferma che anche un’abitazione civile a Ras Lanuf è stata colpita e la Afp che una bomba è caduta su un quartiere residenziale, che molti abitanti hanno abbandonato nei giorni scorsi, e dove un ospedale è stato subito evacuato. Intanto, secondo un testimone citato dalla Reuters, blindati si stanno avvicinando alla città sparando sugli insorti. Bombardata anche Brega, circa 90 chilometri ad est. La tensione fra i ribelli cresce e uno di loro ha addirittura lanciato un “ultimatum” a Stati Uniti e Unione europea perché “fermino Gheddafi” entro otto ore, altrimenti verrà interrotto il flusso di petrolio dai terminali di Ras Lanuf e Brega. Ieri i raid aerei avevano colpito dei depositi di carburante nel vicino terminale petrolifero di Sidra.

Sul “fronte occidentale”, invece, a Zawiya, 50 km a ovest di Tripoli, i militari fedeli al rais affermano di aver riconquistato la città ai ribelli ed hanno portato nella notte alcuni giornalisti, fra cui un inviato Ansa, a constatarlo di persona, accolti dal giubilo dei sostenitori di Gheddafi. Testimoni raccontano che la città è effettivamente “caduta”.

Sul “fronte diplomatico”, la Francia oggi, primo Paese in Occidente, ha riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) come rappresentante legittimo del popolo libico, una iniziativa sulla quale però il governo tedesco si è detto scettico. L’annuncio è stato dato da Parigi al termine di un incontro all’Eliseo fra un emissario di Bengasi e il presidente francese, Nicolas Sarkozy. E mentre oggi la Libia sarà al centro della riunione dei ministri degli esteri dell’Ue a Bruxelles e la responsabile della politica estera europea, Catherine Ashton, dice che l’Europa “continuerà a dialogare con chiunque…per porre fine alle violenze”, la Russia continua a frenare sulle ipotesi di azioni di forza: il ministro degli esteri, Serghei Lavrov, ha detto che lo statuto Onu “che è inammissibile qualsiasi intervento, tanto più di forza, negli affari interni” di un Paese. Anche l’ipotesi di imporre una no fly zone, dice Mosca, richiede “un’analisi attenta e informazioni più dettagliate”.

Un inviato di Gheddafi ad Atene ha intanto proposto al governo greco “idee” per uscire dalla crisi. Emissari del regime sono presenti anche a Lisbona e al Cairo. Il governo portoghese ha però fatto sapere all’emissario di Tripoli che il regime è “finito”.

Intanto il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza (584 sì, 18 no, 18 astenuti) una risoluzione che chiede ai governi Ue di riconoscere il Consiglio nazionale della transizione libico come l’autorità che rappresenta ufficialmente l’opposizione libica. Il testo invita inoltre l’Unione europea a prepararsi alla possibile istituzione di una ‘no-fly zone’ per impedire a Gheddafi di colpire la popolazione e aiutare il rimpatrio di chi fugge dalla violenza.

Con l’aumento del numero di feriti giunti negli ospedali dell’est del Paese, la Libia è “scivolata nella guerra civile“. Lo ha detto il presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa Jakob Kellenberger, chiedendo alle autorità libiche di garantire alle organizzazioni umanitarie l’accesso nella zona occidentale del Paese, inclusa la capitale Tripoli. Kellenberger ha anche ricordato alle parti in conflitto di astenersi dal colpire in qualsiasi modo gli aiuti umanitari e chi lavora per assicurne l’approvvigionamento. “In questo momento abbiamo un conflitto armato non internazionale”, in pratica “quella che chiamereste guerra civile”, ha detto il presidente in una conferenza stampa. “Assistiamo ad un aumento di arrivi di feriti negli ospedali dell’est e siamo estremamente preoccupati”, ha aggiunto.

Intanto  il coordinatore della missione delle Nazioni Unite Rashid Jalikov parla di “più di 200mila i rifugiati per il conflitto in Libia”, avvertendo che la cifra potrebbe arrivare a 600mila. Jalilov ha lamentato la penuria di informazioni su quanto sta realmente accadendo nel Paese nordafricano e ha anche detto che al personale Onu sono anche impediti l’accesso in Libia e la distribuzione delle risorse umanitarie. Il coordinatore ha citato l’Organizzazione internazionale per le immigrazioni, secondo cui 134.046 rifugiati hanno attraversato il confine con la Tunisia, 104.637 quello con l’Egitto, 6.708 sono scappati in Algeria e 2.205 in Niger. “Questa situazione é molto diversa da altre crisi del genere perché la maggioranza dei rifugiati sono uomini, lavoratori e giovani in buona forma fisica”, mentre solitamente queste persone sono “donne e bambini sfiniti dopo aver camminato per giorni prima di arrivare ai confini”.

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