“Un aumento dei tassi di interesse è possibile nel prossimo meeting della Banca Centrale Europea”. E’ bastata questa dichiarazione, rilasciata dal presidente della Bce Jean-Claude Trichet giovedì scorso, per risvegliare i mercati obbligazionari e seminare il panico tra i consumatori. Trichet ha fatto capire che potrebbe trattarsi di un rialzo di un quarto di punto (0,25%) e ha puntualizzato che l’aumento non sarebbe “l’inizio di una serie successiva di rialzi”. L’ultima volta che ha usato queste parole è stato nel dicembre 2005, alla vigilia di otto successivi aumenti dei tassi. E’ quindi comprensibile che molti non siano disposti a credergli.

L’Euribor a 3 mesi, il tasso interbancario utilizzato come riferimento per i mutui a tasso variabile, ha iniziato a salire subito dopo le dichiarazione della Bce. Oggi è all’1,172%, contro l’1,098% di giovedì. Quanto basta per far scattare l’allarme di Federconsumatori e Adusbef. “L’aumento dei tassi avrà forti ricadute su circa 2,3 milioni di famiglie che, ascoltando i cattivi consigli delle banche, si sono indebitate a tasso variabile”, hanno dichiarato Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori e Elio Lannutti, senatore Idv e presidente Adusbef. Secondo i calcoli delle due associazioni, le rate dei mutui indicizzati, ipotizzando un mutuo decennale da 100mila euro, “subiranno una stangata variabile dai 132 euro all’anno – se i tassi saliranno dello 0,25% – ai 276 euro, con un rialzo dello 0,50%”. Un impatto più alto si avrebbe, naturalmente, su mutui ventennali per importi più elevati, con un aggravio che potrebbe arrivare “fino a 624 euro l’anno”.

Ma presto potrebbe finire la festa anche per chi stipulerà nuovi mutui a tasso fisso. Il tasso Irs (Interest rate swap) a vent’anni, usato come parametro di riferimento per i mutui a tasso fisso ventennali è salito al 3,90% venerdì, contro il 3,82% di giovedì e il 3,74% del giorno prima. Il 30 agosto scorso era arrivato al 2,75%. “Non è detto che l’eventuale aumento dei tassi della Bce penalizzi soprattutto i mutui a tasso variabile”, ha spiegato all’agenzia Asca Roberto Anedda, direttore di MutuiOnLine. “I tassi (fissi) a lungo termine sono destinati a salire, anche per la pressione esercitata dalle necessità di finanziamento del debito pubblico”.

E mentre ci si arrovella sulle possibili conseguenze di un eventuale aumento dei tassi sulle tasche di milioni di cittadini, Jean-Claude Trichet ha ribadito oggi l’approccio rigido della Banca Centrale Europea. L’obiettivo, come già anticipato giovedì, è il controllo dell’inflazione, che diventa sempre di più una minaccia reale, a causa dell’aumento del prezzo del petrolio e degli alimentari. L’inflazione, nell’area euro, è salita dal 2,3% di gennaio al 2,4% di febbraio. Secondo le stime della Bce (basate sui dati di metà febbraio) il tasso di inflazione annuale per il 2011 potrebbe attestarsi tra il 2% e il 2,6%, senza tener conto “degli aumenti più recenti dei prezzi del petrolio”, che non sono inclusi nelle stime. “Siamo responsabili per la stabilità dei prezzi per 331 milioni di persone. E’ questo il nostro mandato”, ha dichiarato giovedì scorso Trichet. “Ed è questo che dimostrano di volere i cittadini europei ogni volta che si chiede la loro opinione attraverso sondaggi o ricerche”. E a chi gli chiede – come è successo oggi a Basilea – se un aumento dei tassi ad aprile non rischi di compromettere la fragile crescita economica, il presidente della Banca Centrale Europea sembra rispondere senza avere dubbi: “Dal nostro punto di vista si conferma la crescita globale che procede a ritmo sostenuto trascinata dalle economie emergenti e della ripresa di quelle avanzate”.

Articolo Precedente

Benzina, il governo guadagna sulla stangata

next
Articolo Successivo

Libia, petrolio alle stelle: in Usa
rischi per mercato immobiliare

next