Il prezzo del rame vola alle stelle toccando i valori massimi degli ultimi 22 anni ma ad approfittarne potrebbero essere decisamente in pochi. Soprattutto ora che il rischio di imminenti e crescenti distorsioni, leggasi speculazioni, sembra crescere di pari passo con il pericoloso e anomalo incremento della concentrazione di mercato. E’ la valutazione emersa in questi giorni dopo le clamorose rivelazioni del Wall Street Journal (WSJ). Un singolo trader, ha affermato il quotidiano statunitense, avrebbe infatti scalato talmente tanto le posizioni di mercato da arrivare a possedere dall’80 al 90% del rame depositato nei magazzini della London Metal Exchange (Lme), una delle principali borse mondiali delle materie prime (commodities). Più o meno la metà del quantitativo disponibile sulla piazza mondiale per un valore complessivo, ai prezzi correnti, pari a circa 3 miliardi di dollari.

Sul nome del fortunato detentore, ufficialmente, regna il mistero. Ma quello nato attorno alla vicenda sembra in realtà uno di quei gialli scritti male in cui, fin dalle prime pagine, ogni lettore sembra intuire con facilità il nome del colpevole. Tutti gli indizi puntano infatti decisi sulla banca d’affari Usa JP Morgan, operatore tra i più attivi nel promettente mercato delle commodities. Il mese scorso, ha ricordato il WSJ, la Lme aveva rivelato come la metà del rame quotato a Londra fosse ormai in mano a un singolo trader. Anche allora mancò la conferma ufficiale dell’interessato ma alcuni insider fecero in condizioni di anonimato proprio il nome della banca statunitense.

Se i sospetti fossero confermati l’istituto americano si troverebbe ad operare nel mercato in una posizione di assoluto privilegio alimentando enormemente le prospettive di speculazione. E’ facile intuire, infatti, come la tentazione di distorcere a proprio favore il mercato possa diventare irresistibile per chi si trova nelle condizioni di controllare più o meno la metà dell’offerta su scala globale. Un pericolo concreto favorito dall’incredibile anomalia regolamentare delle borse. Se è vero, infatti, che i legislatori stanno tuttora ipotizzando di porre un limite all’esposizione massima di ogni singolo operatore sui contratti futures – i titoli derivati con i quali ci si assicura un acquisto differito ad un prezzo determinato – a nessuno sembra essere venuto in mente di applicare il medesimo principio alle commodities materialmente presenti dei magazzini. In futuro, in altri termini, i trader potrebbero subire delle limitazioni nella compravendita del rame “di carta” ma non in quella della materia tangibile.

Non stupisce, nelle circostanze attuali, che i fenomeni di concentrazione stiano interessando un po’ tutti i comparti del mercato. Il 90% dell’alluminio stoccato nei depositi della Lme, ricorda ancora il WSJ, appartiene a un solo operatore. Singoli trader, al tempo stesso, controllano dal 50 all’80% dello stoccaggio di nickel e zinco. Ottenere profitti, di regola, può non essere semplice dal momento che i prezzi finali di vendita devono essere in grado di compensare gli elevati costi di magazzino (tra cui la stipula di contratti assicurativi). Ma l’impennata dei prezzi che caratterizza oggi i metalli, i minerali e le commodities in genere rende tutto molto più facile.

Ieri, Goldman Sachs ha modificato al rialzo le proprie previsioni sul prezzo di oro e rame per il 2011. L’anno prossimo, ha segnalato l’istituto, il prezzo medio di quest’ultimo dovrebbe attestarsi sui 4,25 dollari a libbra mantenendosi più o meno sugli stessi livelli nell’anno successivo. Una correzione di ben di 75 centesimi su cui pesa la grande accelerazione delle importazioni cinesi (oltre 232 mila tonnellate a novembre, +37% rispetto al mese precedente) ma anche, impossibile escluderlo, la percezione di un’immancabile ondata speculativa. La corsa al rialzo, insomma, entra ancor più nel vivo. E il nome del vincitore sembra essere già stato individuato.

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