Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, intervenuto alla seconda giornata del 30esimo Congresso nazionale dell’Associazione nazionale magistrati, ha cominciato parlando della situazione del governo: “Pensiamo di ottenere la fiducia il14 dicembre. Non sappiamo se andiamo via, ma se andiamo via è per tornare più forti”. Il discorso del ministro è “quello di qualcuno che intende fare un bilancio dei due anni di legislatura”. Legato al futuro dell’esecutivo e alla sua stabilità è anche, secondo Alfano, il tema dell’indipendenza della magistratura: “Il pubblico ministero non verrà mai sottoposto al controllo dell’esecutivo. Per via dritta o traversa non vogliamo mettere il pm sotto l’esecutivo e violare il sacro recinto della giurisdizione perché non sappiamo se dopo di noi verrà un esecutivo che userà male i pm”. “Le leggi – ha rilevato Alfano – si fanno pensando che durino per sempre nel bene del paese”

Il Guardasigilli è riuscito a strappare anche qualche applauso durante il suo intervento, spesso segnato da mormorii della platea. Mormorii dei presenti quando il Guardasigilli ha fatto notare che alcune delle riforme più contestate dai magistrati, come ad esempio quello del processo breve e delle intercettazioni, non sono diventate leggi, come invece accaduto alla riforma del processo civile e agli interventi in materia antimafia. E ancora brusii quando Alfano ha rivendicato di non aver mai dato del “fannullone” a un magistrato, ma anzi di averne in più occasioni elogiato il lavoro difficile. Ancora qualche commento rumoroso c’è stato quando il ministro ha detto di non poter considerare disagiate alcune procure della sua Sicilia, come Sciacca, per la sua posizione bellissima e anche per l’autostrada che collega l’aeroporto al tribunale.

Il ministro ha ricordato come la legge che vietava alle giovani toghe di ricoprire funzioni monocratiche, e dunque anche quella di pubblico ministero negli uffici con gravi scoperture di organico, sia stata introdotta dal governo di centrosinistra che ha preceduto l’attuale. “Spero si dirà – ha osservato Alfano – che questa norma del centrosinistra è stata tolta dal centrodestra. Avevo detto che se i trasferimenti d’ufficio non avessero funzionato, sarebbe intervenuta una deroga al blocco per gli uditori giudiziari e così è andata. Chi dice che io ho un rapporto troppo buono con i magistrati, sappia che mi trovo al bivio: o lascio scoperte le sedi disagiate o bisogna ripristinare la possibilità che gli uditori vadano a lavorarci”.

Riguardo alla mancanza di fondi per la giustizia, il ministro ha ammesso: “Ricevo telefonate da diversi magistrati che mi dicono che manca la benzina per le auto blindate: pure la macchina del ministro si ferma, non ci posso fare molto”. “Questa è la situazione economica – ha detto il ministro – quest’olio abbiamo per friggerci, non pensiate che io sia tanto ottuso da non voler dare la benzina per le macchine dei magistrati. La stessa cosa accade al ministro Gelmini con i presidi che le dicono che le scuole crollano, al ministro Prestigiacomo sul pericolo di dissesti idrogeologici, al ministro Bondi con i sovrintendenti che gli parlano del rischio di crolli per i monumento”.

Ai magistrati che nel corso del congresso hanno lamentato attacchi venuti dal governo, il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha replicato accusando a sua volta le toghe di aver messo in discussione la sovranità del Parlamento: “Noi abbiamo percepito un’aggressione alla sovranità del Parlamento – ha detto il ministro evidenziando le “centinaia di dichiarazioni” fatte dal sindacato delle toghe sul merito delle riforme in discussione alle Camere, mentre era ancora in corso l’iter legislativo – “Voi avete invece percepito un’aggressione all’autonomia e all’indipendenza, ma noi non intendiamo violare il sacro recinto della giurisdizione”.

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