Si suppone che la genetica non sia l’argomento principale nelle conversazioni tra manager delle compagnie petrolifere, trader di prodotti energetici e alti papaveri dei Ministeri dell’Economia. Ma potrebbe diventarlo prima di quanto non ci si aspetti.

Lo scienziato americano Craig Venter, che stupì il mondo completando la mappa del genoma umano, a maggio di quest’anno ha annunciato di aver creato un organismo sintetico usando sostanze inorganiche. Instillando la vita nella materia inerte, il team di Vender ha ottenuto un risultato che sembrava realizzabile solo alle sceneggiature dei film di fantascienza. Detto in termini semplici, 10 anni fa l’uomo ha imparato a leggere il DNA, oggi sta iniziando a capire come poter scrivere un codice genetico. Synthia, come fu battezzata dai media questa forma di vita artificiale, rappresenta forse una delle pietre miliari nella storia dell’umanità, paragonabile alla scoperta dell’elettricità e delle onde elettromagnetiche, se condurrà alla creazione di organismi che non esistono in natura. La biologia sintetica potrebbe diventare il perno di una trasformazione economica nella prima parte del XXI secolo allo stesso modo in cui l’informatica lo è stata nella seconda parte del XX.

Per quanto tutto ciò possa essere affascinante, vi chiederete cosa c’entra esattamente Synthia con il futuro energetico e perché dovrebbe turbare le notti dei mandarini del potere energetico? La prima applicazione della biologia sintetica potrebbe essere la creazione di alghe con una duplice proprietà: assorbire anidrite carbonica dall’atmosfera e produrre carburanti biologici, cioè liquidi che avrebbero la stessa composizione chimica dei normali combustibili tipo benzina, kerosene o diesel, oggi ottenuti dalla raffinazione del petrolio greggio.

La visione di centinaia di chilometri quadrati di coltivazioni di alghe nei fondali oceanici non è realizzabile nel giro di qualche anno, non fosse altro perché le alghe sono organismi molto più complessi di Synthia. Ma il dado è stato tratto, non solo in campo scientifico, ma anche in quello economico: la Esso ha investito 600 milioni di dollari in Synthetic Genomics, la società di cui Vender è il co-fondatore, in cambio della proprietà intellettuale sui brevetti che verranno dall’attività di ricerca. Che non si tratti di fantasie lo dimostra il fatto che sono già state compilate 13 richieste di brevetti.

Insomma emerge la prospettiva di un’alternativa al petrolio attraverso una fonte rinnovabile, che per quanto non convenzionale, è già ampiamente utilizzata. Infatti etanolo e altri combustibili tratti da piante tipo mais, canna da zucchero o jatropha sono entrati in commercio fin dagli anni ’70 in Brasile. Finora però l’uso per energia di derrate alimentari e piante è stato una fonte di polemiche feroci perché aggrava i problemi di alimentazione per una parte non trascurabile dell’umanità. Le alghe ovviamente non sottraggono terreni alle coltivazioni.

Tra l’altro è in fase di sperimentazione l’estrazione di biocarburanti dalle alghe normali che già esistono in natura. Ci sono diversi gruppi di ricerca sia nelle università che nelle grandi imprese in America, Regno Unito e Giappone e alcune start-up (Solazyme, Sapphire Energy) che hanno prodotto carburante da alghe usato in via sperimentale in veicoli comuni (una Jeep e una Mercedes per essere precisi). I costi di produzione sono ancora troppo alti (paragonabile a oltre i 400 dollari al barile) per poter competere con i carburanti raffinati da petrolio fintanto che questo si mantiene tra i 60 e gli 80 dollari al barile. Ma chi lavora in questo campo spera di arrivare ad essere competitivo nel giro di due anni. Ma la possibilità che alghe o altri organismi possano fornire energia nel giro di 15 o 20 anni sta cambiando la realtà di oggi, perché la valutazione economica di tutti i progetti energetici a lungo termine dovrà essere riconsiderata alla luce delle nuove scoperte.

Se gli sforzi di Vender avranno successo la biologia sintetica cambierà gli equilibri economici mondiali anche per un altra ragione. Sara’ la capacita’ scientifica di un paese e non la disponibilità di petrolio, carbone, gas, o altre materie prime a influenzare in modo determinante il benessere della sua popolazione. La conoscenza costituirà ancora di più la fonte primaria di ricchezza, a dispetto di quanti ripetono, con becera prosopopea, che la cultura non si mangia e quindi si apprestano a distruggere quel poco di ricerca che si fa oggi in Italia e quel poco di istruzione sopravvissuta quasi clandestinamente alle invasioni barbariche dei manager Mediaset.

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