Lunedì sera, a Vieni via con me, Gianfranco Fini e Pierluigi Bersani, con alto sprezzo del pericolo, si sono esibiti nel tuffo carpiato di connotare idealmente i rispettivi schieramenti di appartenenza. Esercizio in cui, qualche anno fa, non aveva dato il meglio di sé una testa ben più fine e attrezzata delle loro quale Norberto Bobbio (teorizzando, nell’omonimo saggio, che la linea di demarcazione tra Destra e Sinistra è tracciata dal principio di eguaglianza).

In effetti, una trasmissione televisiva da cui emergeva la sconcertante notizia per cui – a giudizio del Presidente della Camera e del leader del Partito democratico – le posizioni politiche contrapposte avrebbero una comune base valoriale nel “volemose bene”. Da qui un’evidente ovvietà intercambiabile di assunti.

In tempo reale a seguire, faceva eco al salotto del buonismo di Fabio Fazio il brontolio risentito proveniente dal bunker del regime presidiato da Bruno Vespa – Porta a Porta – in cui la voce impastata del Maurizio Gasparri poteva ingolfarsi nell’esercizio del risentimento verso l’antico capo tradito e del servilismo di prammatica nei confronti del nuovo padrone; l’altro Maurizio, il piccolo Lupi mordace, aveva il destro di azzannare il buon senso proclamando intellettuali organici al destrismo personaggi scappati di casa per fare fortuna come Gianni Alemanno o Ignazio La Russa. Gente con un abito morale liberato da ogni altro valore che non sia il carrierismo; che ritengono categorie della politica solo le etichette illeggibili di un contenitore per la loro rissosità difensiva. La soddisfazione un po’ infame e tanto bieca di poter sibilare “venduto” a una faccia diversa da quella che quotidianamente vedono riflessa nello specchio quando si radono.

In sostanza, il solito rumore che va a coprire il dato sconfortante di una corporazione del potere che neppure si ricorda le ragioni (se mai ce ne sono state) per cui negli anni della propria giovinezza decise di schierarsi da una parte piuttosto che dall’altra. Forse solamente in quanto guidata dal caso.

A questo punto c’è sempre il commentatore pensoso pronto a teorizzare il definitivo accantonamento di quella veneranda divisione in schieramenti contrapposti nata nel lontano 1789, in una sala destinata al gioco della pallacorda. Tesi che Fini e Bersani si sono premurati di confermare con le loro performances lunari.

Ma è proprio così? Siamo nel totale indistinto di una politica senza confini? Certo, se andiamo dietro a Bobbio e ai suoi epigoni ci ritroveremmo in distinzioni concettuali che risalgono all’antico conflitto industrialista (operai contro capitalisti) in un mondo che industriale non è più. Ma le divisioni sono state superate o è vero il contrario, tanto che il crinale potrebbe essere spostato sul binomio inclusione/esclusione, in luogo del tradizionale eguaglianza/disuguaglianza? Fatto sta che, se le parole hanno un significato, Destra continua comunque a voler dire una reazione al cambiamento (come difesa dell’esistente, posizione conservatrice; come tentativo di portare indietro le lancette, posizione reazionaria) e la Sinistra rimane sempre l’impegno volto a modificare gli equilibri vigenti nella società mantenendo un forte orientamento al futuro, alla speranza.

Il filosofo Richard Rorty diceva che “la Sinistra è il partito della speranza”.

Di conseguenza, i valori dell’una e dell’altra sono profondamente diversi, al limite antitetici: autorità, tradizione e gerarchia per la parte schierata a mandritta; ragione, consenso e progresso (con grandi discussioni sul che cosa si debba intendere con questo termine) per chi si schiera sul lato mancino. E nulla è intervenuto di questi ultimi tempi per farci dire che tali “visione del mondo” alternative sono state superate, il loro agonismo/antagonismo risolto in una visione pacificata da “migliore dei mondi possibili”. Ma Bersani e Fini questo non lo sanno, neppure si pongono il problema. Infatti si tratta di due professional della politica alla ricerca del miglior posizionamento acchiappavoti per le prossime scadenze elettorali.

Semmai, il fatto che siano stati chiamati a questo esercizio (francamente ben poco loro congeniale) ci dice tutt’altro. E cioè che si sta assistendo a “un turbamento nel lato oscuro della Forza”. Fuori dal linguaggio di Guerre Stellari, sensibili modificazioni dei rapporti di forza nel ventre profondo del Potere reale. Qualche anno fa bastava “un editto bulgaro” per espellere dal tubo catodico Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi. Ora il promulgatore di editti dalla Bulgaria e i suoi scherani in Rai non riescono più a impedire trasmissioni fuori del coro come Annozero o Vieni via con me. Dunque, il segnale che significativi cambiamenti sono alle porte.

D’altro canto, cambiamenti che saranno gestiti da un personale politico ispirato e guidato, nella migliore delle ipotesi, dal volemose bene. Non il massimo, per trarre fuori dalle secche una società complessa e contraddittoria quale quella italiana.

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