Assolto per una parte e prescritto per un’altra, ma comunque non soddisfatto. Nel processo contro Massimo Maria Berruti, ex finanziere, avvocato, consulente e attuale deputato del Pdl, indagato per riciclaggio nell’ambito dei diritti tv e dei fondi neri di Mediaset, la a Luigi Martino di Milano ha stabilito l’assoluzione per alcune accuse e il non doversi procedere per prescrizione per altri capi d’imputazione. In pratica, la Corte presieduta da Luigi Martino ha confermato la sentenza di primo grado del febbraio scorso estendendo la prescrizione a un altro episodio. Al deputato berlusconiano non è andato giù e ricorrerà in Cassazione per avere una sentenza che entri nel merito.

La decisione è arrivata alle 13 di oggi, con un’ora di ritardo, perché la corte ha avuto bisogno di tempo per valutare nei dettagli e stendere le motivazioni  illustrate poi dal presidente. Nell’udienza del 7 ottobre scorso il procuratore generale Laura Bertolé Viale aveva chiesto una condanna a quattro anni e una multa di 7 mila euro per l’accusa di riciclaggio nell’ambito di uno stralcio di un procedimento sui diritti tv e su presunti fondi neri che Mediaset avrebbe creato all’estero, gonfiando i prezzi dei diritti tv acquisiti negli Stati Uniti.

Il “non doversi procedere” per prescrizione riguarda l’accusa di riciclaggio relativa al conto Jasrahan, in particolare “alle operazioni di prelevamento in contanti e di trasferimento di somme di denaro provenienti da I.M.I. Image Management International Ltd e da S.M.G Sport management Group Ltd’’. Secondo i giudici tali operazioni sono avvenute tra il 18 gennaio ’95 e l’8 luglio dello stesso anno. “Sono state accreditate sul conto in questione – hanno sostenuto – somme per complessivi 1.279.890.000 da I.M.I. e da S.M.G. e nello stesso periodo sono usciti dal conto Jasran con bonifici o prelievi di contanti non meno di lire 1.900.000.000”, denaro che ritengono proveniente dallo sfruttamento dei diritti di immagine degli sportivi.

Nella loro ricostruzione i giudici, ai quali l’assoluzione del Tribunale su questo capitolo “appare frutto di un’erronea valutazione delle prove documentali e orali”, hanno sottolineato che Jasran era “come uno strumento di riciclaggio” e l’hanno paragonata all’ “officina del meccanico che tarocca le autovetture” e sul conto Berruti “aveva il potere di firmare in qualità di procuratore” come Danilo Pezzoni, suo collaboratore, e dunque anche lui “aveva il diritto di operare e avrebbe potuto farlo” ed è “secondario” il fatto che lo abbia esercitato o meno. In più “il processo testimonia di un Berruti inserito nel gruppo Fininvest in una posizione e con un ruolo non da fattorino o da centralinista”. Riguardo al ruolo di Pezzoni, “fiduciario di Berlusconi” morto nel 2000, è stata fatta una premessa: “sembra essere giunto il momento di scrollarsi di dosso questa sorta di convitato di pietra che nulla rileva sui fatti” che “in questo processo appare delineato come il cameriere di Berruti”.

“Non sono soddisfatto del ‘non doversi procedere’ per la prescrizione dei termini. Io sarei così coglione da riciclare 67 mila franchi? Non c’è stata una verifica su quei 67 mila euro e io voglio una sentenza che entri nel merito. Ricorrerò in Cassazione per avere la piena assoluzione. Probabilmente la Cassazione non procederà così, ma io ci provo”. Ma alla domanda se rifiuterà alla prescrizione per permettere le verifiche il deputato risponde: “Su questo decideranno gli avvocati”.

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