Code alle concessionarie di BMW e supermercati vuoti. Il comportamento dei consumatori americani potrebbe essere riassunto con queste due immagini. Semplicistiche quanto si vuole, ma molto vicine alla realtà. “Di solito la crescita delle vendite al dettaglio è la base di ogni ripresa economica, ma questa volta non è così”, ha dichiarato Jack Kleinhenz, capo economista alla National Retail Federation (federazione dei venditori al dettaglio) degli Stati Uniti. “La gente sta cercando in tutti i modi di economizzare”.

E mentre un numero sempre maggiore di persone fa le acrobazie per riuscire a comprarsi un hamburger, migliaia di ricchi affollano di nuovo i negozi del lusso. “Nel 2010 la spesa dei consumatori negli Stati Uniti racconta la storia di due mondi diversi e sempre più separati tra loro”, spiega il quotidiano finanziario londinese Financial Times. Mettendo insieme questi due mondi si arriva a una crescita dei consumi del 2% su base annua, che può sembrare positiva dopo tanti mesi di stagnazione, ma è molto più bassa dei dati che si riscontrano normalmente alla fine dei periodi di recessione. Tanto per fare qualche esempio, nel quarto trimestre del 1982, con un’economia in crescita dello 0,2% i consumi erano saliti del 7,5%, mentre nel primo trimestre del 1992, i consumi sono avanzati del 7,1% e, alla fine del 2001, poco dopo la bolla di internet e l’11 settembre, del 6,4%.

A soffrire, in questa ripresina a due velocità, sono i venditori di beni di massa, che all’inizio della crisi erano riusciti a difendersi grazie a successive ondate di sconti, saldi e offerte speciali. Mentre i venditori di beni di lusso, temporaneamente sconfitti dalla recessione, stanno ora crescendo a un ritmo impressionante. Venerdì scorso il rivenditore di gioielli di lusso Tiffany, ha riportato una crescita del 9% delle vendite nel secondo trimestre. Mentre le vendite di Zale’s, retailer di gioielli low cost, sono scese in modo significativo rispetto al 2009. In crescita del 7,6% anche Neiman Marcus, catena di grandi magazzini del lusso, mentre deludono i numeri degli ipermercati a basso costo Walmart. “I clienti continuano a spendere con cautela”, ha dichiarato agli analisti finanziari Bill Simon, amministratore delegato di Walmart. “Ci si muove piano, soprattutto sui beni durevoli (elettrodomestici, apparecchiature elettroniche ecc.., ndr)”.

La divisione dei consumatori americani in due classi distinte sembra non essere mai stata così netta. E’ come una faglia, che attraversa ristoranti, supermercati, negozi di frutta e verdura, ma anche singoli prodotti, come il caffè e la birra. Chi è sopravvissuto alla crisi del 2008-2009 e ha ancora un lavoro ora spende di nuovo come fanno di solito tutti i consumatori alla fine di un periodo di recessione, ma stavolta per milioni di americani che sono rimasti senza occupazione o stanno saltando da un’occupazione temporanea all’altra, l’importante non è consumare, ma riuscire a soddisfare i bisogni più essenziali. “Ci sono alcune persone che si sentono ancora in pericolo e altre invece che si sentono al sicuro”, ha dichiarato Steven Burd, direttore generale della catena di supermercati Safeway, commentando i risultati deludenti del secondo trimestre. Dall’altra parte, Whole Foods, una catena di supermercati che offre cibi biologici di alta qualità e con prezzi più elevati, è cresciuta dell’8,8% anno su anno rispetto al 2009.

“Le persone che hanno i soldi probabilmente non stanno accelerando la spesa”, ha dichiarato Sung Won Sohn, professore di economia alla California State University. “Sono semplicemente tornate a spendere ai livelli precedenti alla crisi. Le Mercedes e le BMW si vendono ancora bene, ma la classe media è diventata molto più attenta al valore di ciò che compra. E di conseguenza molto più cauta nelle spese”.

Con l’eccezione di McDonald’s, buona parte delle catene di fast-food a basso costo hanno riportato risultati deludenti nel 2010. La stessa tendenza si osserva nei grandi produttori di alimentari, come Kraft e PepsiCo. Al contrario, catene più costose come Starbucks, Panera e Chipotle sono tutte in salita. Anche le vendite di birra raccontano una storia rispetto a tutte quelle che si sono viste in precedenza. L’importazione di birra negli Stati Uniti è in calo del 2,6%, con l’eccezione, però, delle birre premium e artigianali, incluse quelle speciali, nelle bottiglie da 75 cl. Nel corso del 2010 le vendite di birre di gamma alta sono cresciute del 15%. Alla faccia della recessione.

Articolo Precedente

“Il sistema di potere di Cl”
Riceviamo e pubblichiamo

next
Articolo Successivo

Istat: in Italia disoccupato un giovane su quattro. In un anno persi 172mila posti

next