Due amiche, Mignon e Kate, mi hanno invitato ad andare a Coney Island per vedere i loro balletti swing alla “parata della sirenetta”, appuntamento che ogni estate porta una sorta di carnevale sulla Riccione di Brooklyn.

Beh, pure lì era arrivata la Marea Nera, quella del Golfo del Messico, che continua ad inquinare le acque al largo di New Orleans (e ormai pure le coste). A Coney Island adornava le tante sirenette che sfilavano per la mitica Surf Avenue e passavano davanti ai mitici hot dog di Nathan’s (ogni anno c’è pure la gara a chi ne mangia di più).

Insomma, goliardia e critica sociale, in salsa americana. “Bp, il più grande inquinatore di tutti i tempi”. “Salvate le sirenette della Lousiana”. Così recitavano i cartelli che sventolavano ragazze e ragazzi discinti, ricoperti da un liquido denso e nero.

Pochi lo ricordano, ma la spiaggia di Brooklyn, negli anni Settanta, fu colpita da ben altra marea nera, palpabile e reale: ci fu un incidente molto simile, a poche miglia dalla Statua della Libertà.

E pochi, in questi tempi di cronache globali, si rendono conto che di recente la Nigeria ha ospitato non una, ma centinaia di piccole maree nere, che hanno riversato nelle acque africane dagli otto ai tredici milioni di barili di petrolio. Parecchi di più rispetto a quelli che, finora, hanno inquinato il Golfo del Messico.

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