Il Video di Livia Parisi sulla visita della delegazione di parlamentari al Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma.

Intervengono i depuatati Leoluca Orlando e Fabio Evangelisti, deputati dell’Italia dei Valori, Angiolo Marroni, Garante dei detenuti del Lazio e Ahmad Giampiero Vincenzo dell’Unione forense per i diritti dell’uomo.

“Una simulazione di sicurezza”. Così il portavoce dell’Idv Leoluca Orlando, dopo la visita nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, vicno Roma, parla dell’impostazione normativa che prevede, per le persone presenti sul suolo italiano senza documenti, la permanenza fino a sei mesi, nei Cie. “Non è ammissibile che si sia detenuti per 25 anni e, una volta scontata la pena, si debba venir nuovamente reclusi per l’identificazione. Ma la vera domanda è – ha aggiunto Orlando – a cosa serve il permesso di soggiorno?”.

A far visita nel Cie di Ponte Galeria, anche Fabio Evangelisti, deputato dell’Italia dei Valori che parla di “struttura terrificante” e mette in luce l’inadeguatezza allo scopo della legge attuale: “l’aumento da 60 giorni fino a 6 mesi di permanenza nei Cie non aumenta – sostiene – la possibilità di identificare ed espellere i clandestini. Se non si riesce ad identificarli in trenta giorni, non ci si riesce nemmeno nei 5 mesi successivi”.

“Il problema e che le ambasciate e i consolati non si occupano di queste persone, e le lasciano marcire qui dentro”, sostiene il Garante dei Detenuti del Lazio Angiolo Marroni, mentre il rappresentante dell’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo, Gianpiero Vincenzo, sottolinea “E’ peggio del carcere: mentre in regime carcerario l’assistenza spirituale, l’istruzione e i libri sono garantiti, qui non c’è niente di tutto questo. La struttura è minimale e contenuta nel budget di 42 euro al giorno per persona, tutto incluso”. Pensata per sopravvivere, non per vivere.

Ottantacinque donne, molte delle quali africane, vittime della tratta. Novantadue gli uomini, molti dei quali provenienti dal Maghreb. Sono i fantasmi che popolano un mondo fatto di sbarre altissime, sole accecante e cemento. Ognuno ha qualcosa da dire all’ospite che arriva, una storia da raccontare, credibile o non credibile, a seconda dei casi. Spesso assurda. Così come è assurdo che molti di loro arrivino nella “terra dei senza nome” dopo aver scontato anni e anni di carcere. Per esser puniti, in Italia, non serve un’identità.

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