Guardia di finanza - “In banca a nome del generale”

Inchiesta Sopaf, la mail di Toschi: “Mio fratello comanderà a Roma. Quanto di più utile per noi”

Andrea Toschi, arrestato nell'ambito dell'indagine per bancarotta che ha coinvolto i fratelli Magnoni, rassicurava così i suoi capi

Di Giorgio Meletti e Valeria Pacelli
18 Giugno 2016

La famiglia Toschi ottimizzava le sinergie, come direbbe un bravo manager. C’è Giorgio, il fratello maggiore, pezzo grosso della Guardia di Finanza, lanciato in una carriera che lo porterà nella primavera 2016, anno III dell’era renziana, sulla poltrona di Comandante generale. C’è Andrea, il più giovane, impegnato nella finanza milanese, nel gruppo Sopaf dei numerosi e attivissimi fratelli Magnoni, figli di Giuliano, socio e consuocero di Michele Sindona. A capo della Adenium Sgr (società di gestione del risparmio), Toschi junior è particolarmente attivo nei rapporti con le casse previdenziali, in particolare con Enpam (medici) e Inpgi (giornalisti).

Il 18 giugno 2011 Andrea Toschi scrive un’ispirata mail a uno dei suoi capi, Giorgio Magnoni: “Ho appena appreso da ‘familiari’ che dal prox anno la Guardia di Finanza avrà anche il compito di sorvegliare e verificare la documentazione relativa agli investimenti finanziari e ai processi organizzativi relativi a tutte le Casse di Previdenza. La GdF collaborerà con la Covip (commissione di vigilanza sui fondi pensione, ndr). … Meglio di cosi!! … Saluti”. Questo documento che il Fatto ha potuto leggere documenta il fondamento delle polemiche che hanno accompagnato la nomina di Giorgio Toschi al vertice della Guardia di Finanza.

Andrea Toschi è stato arrestato nel maggio 2014 e oggi è a processo con Aldo Magnoni e altri per associazione a delinquere: “Si associavano tra loro allo scopo di commettere più delitti di bancarotta fraudolenta, truffa aggravata, appropriazione indebita, frode fiscale, trasferimento fraudolento di valori finalizzato ad agevolarne il riciclaggio”. Andrea Toschi è accusato dal gip di aver sfruttato “la propria rete di relazioni esterne per agevolare la realizzazione di operazioni illecite e conseguire i relativi guadagni”.

La resistenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a firmare la nomina di Toschi è stata piegata dal premier Matteo Renzi, lasciando interdetti gli esponenti politici di peso che “per le vie brevi” avevano segnalato al Quirinale il sospetto che Andrea usasse il nome del fratello per mettere il turbo agli affari. Dopo l’arresto, Toschi ha respinto con vigore l’accusa. Nel primo interrogatorio, il 12 maggio 2014, i pm di Milano gli contestano il fatto: “Lei va in banca e dice ‘sono il fratello di un grosso generale della Guardia di Finanza’”. Lui reagisce: “E allora mi devono dire quali sono queste banche. Io non mi sono mai vantato. Mai nella mia vita, mai, di una situazione familiare. Mai”.

Ma i magistrati hanno in mano un rapporto della Banca d’Italia, precisamente dell’Uif (Unità d’informazione finanziaria). C’è scritto che alla Banca di credito cooperativo di Anagni, che aveva fatto una “segnalazione di operazione sospetta”, Toschi “si sarebbe presentato in banca affermando di essere il fratello del comandante generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi”. Barbara Rossato, responsabile del Controllo rischi e funzione antiriciclaggio della Bcc di Anagni, ha raccontato ai magistrati che Fabrizio Carracoi (anche lui a processo) chiese alla banca una fidejussione a garanzia di un progetto finanziario. L’operazione apparve “anomala”. “A parere della banca – racconta Rossato – l’anomalia era dettata dal fatto che era risaputo che il Carracoi non era una persona che finanziariamente potesse sostenere una operazione del genere. La cosa che più ha insospettito la Banca è stato il fatto che spendessero il nome di Andrea Toschi, presentato come fratello di un generale della Guardia di Finanza”.

Su questo insieme di impressioni e mezze frasi deve fare chiarezza il Tribunale di Milano. Ma il sospetto che Toschi junior usasse il nome del fratello per aggirare gli ostacoli sul suo cammino è confermato da un’altra mail privata che il Fatto ha potuto leggere. Il 21 febbraio 2010 Toschi scrive al collega e amico Alberto Ciaperoni, oggi a giudizio con lui. All’interno di un lungo sfogo sui rapporti con la famiglia Magnoni, che non sembrano andare per il meglio, parte la cannonata: “Desidero anche informarti (mi raccomando la max riservatezza…) che proprio ieri ho avuto notizia (la notizia era già nell’aria da un po’… ) che il mio fratellone con greca e stelle d’argento, verrà a Roma (entro giugno) a comandare quanto di più importante e utile per noi. Ti dico solo che tutti gli organi di vigilanza, gli Istituzionali, il gotha romano, faranno la fila per essere da Lui ricevuti ed invitati….. Camporese e Falconi si sono già proposti per incontrarlo quanto prima. Secondo te io posso sbagliare? Possiamo sbagliare?”.

Puntualmente la notizia in anteprima trova conferma. A giugno Giorgio Toschi lascia il comando regionale della Toscana per approdare alla Capitale come comandante della Scuola di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Posizione prestigiosa: prende il posto di Saverio Capolupo, che in breve tempo diventerà Comandante generale. E subito incontra Camporese, come il giornalista riferisce ai magistrati. Ma altrettanto importante è la poltrona che lascia. A Firenze nel 2010 è sindaco Matteo Renzi. Toschi condivide l’amicizia con il futuro premier con l’amico Michele Adinolfi che poco dopo, nel 2011, arriverà a Firenze come comandante interregionale di Toscana ed Emilia Romagna, per poi approdare a Roma con più prestigiosi incarichi.

Il 28 gennaio 2014, un mese prima della nascita del governo Renzi, viene intercettata una cena a cui partecipano tre generali della Gdf con signore, Adinolfi, Toschi e Vito Bardi. Inviperiti per la decisione del governo Letta di prorogare il mandato di Saverio Capolupo alla guida delle Fiamme gialle, fanno il punto sulla notizia che stronca le ambizioni di Adinolfi. Ma due anni l’ambita poltrona toccherà a Toschi. Renzi per nominarlo va allo scontro con il Quirinale. Il quale è informato, come del resto il premier, delle consolidate abitudini di Toschi junior. Ma per Renzi sembra questione di vita o di morte. E Mattarella cede.

di Giorgio Meletti e Valeria Pacelli

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