E Pignatone non si prende l’inchiesta di Woodcock

Vertice congiunto dei magistrati di Roma e Napoli: nessuno scontro sulle indagini relative al mega appalto della Centrale acquisti dello Stato

12 Gennaio 2017

Altro che scontro tra Procure. “Ecco le ferite e i punti di sutura”, hanno ironizzato in coro i magistrati romani e partenopei che ieri si sono incontrati alle 15 negli uffici del procuratore di Roma Pignatone. Le premesse di un possibile braccio di ferro c’erano. Sul tavolo le carte dell’indagine sulla Consip che vede indagati l’imprenditore Alfredo Romeo e il dirigente del settore approvigionamento della società pubblica, Marco Gasparri. A rendere importante la suddivisione per ragioni di competenza dei vari filoni di indagini non era solo l’oggetto dell’inchiesta (si parla di un solo appalto da 2,7 miliardi di euro) ma i soggetti coinvolti, da indagati o da intercettati attivamente o passivamente.

L’indagine parte da Napoli dove i pm Woodcock, Carrano e Parascandalo, ipotizzano un’associazione a delinquere capeggiata da Romeo che mira ad acquisire illecitamente appalti. Se ne occupa la Dda, guidata dall’aggiunto Filippo Beatrice, perché i pm napoletani intravedono anche l’ombra delle infiltrazioni camorristiche negli appalti dell’ospedale Cardarelli di Napoli. All’imprenditore Alfredo Romeo, già arrestato nel 2008 e poi assolto, la Procura ha notificato anche un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione camorristica per l’assunzione di persone ritenute vicine alla camorra nelle ditte di pulizie. Il gruppo Romeo ha sempre negato. Non è su questo però che si attendeva lo scontro sulle competenze tra Roma e Napoli. Bensì sul secondo filone dell’inchiesta partenopea riguardante la proiezione su Roma del gruppo Romeo. Non solo la corruzione del funzionario Consip Marco Gasparri ma anche altri giochi di livello più alto che, secondo l’accusa, coinvolgerebbero sempre Romeo. Sentito il 16 dicembre scorso, Gasparri ha parlato anche del ruolo della politica in Consip su nomine e appalti.

L’indagine puntava al cuore della centrale acquisti dello Stato quando una serie di soffiate hanno avvisato i vertici della Consip. Il 21 dicembre, quando sono andati a chiedere le carte in azienda, i pm hanno sentito con obbligo di dire la verità a sommarie informazioni l’amministratore di Consip Luigi Marroni. Questi ha spiegato di avere fatto bonificare gli uffici, scoprendo le cimici dei pm, perché era stato avvisato dell’indagine direttamente o indirettamente da tre fonti istituzionali: il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette; il comandante dei carabinieri della Toscana Emanuele Saltalamacchia e il ministro dello sport Luca Lotti. Tutti e tre indagati per rivelazione del segreto e stralciati per motivi di competenza in un fascicolo apposito spedito già prima di Natale a Roma.

Il problema di ieri non era quindi stabilire chi indagasse sulle fughe di notizie istituzionali. Era già stabilito fosse Roma. Né chi indagasse sui presunti traffici dell’associazione a delinquere su Napoli. Perché è scontato che sia competenza di Woodcock e compagni. Il punto era capire chi indagherà sulla ‘ciccia’ dell’indagine e cioé l’attività della presunta associazione a delinquere napoletana e di altre cricche concorrenti per vincere gli appalti romani della Consip.

Alla fine l’atteso scontro si è concluso con un pareggio fuori casa per i napoletani che soddisfa entrambe le squadre. Per Roma c’era il capo Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi. Per Napoli c’era il procuratore Giovanni Colangelo, l’aggiunto Filippo Beatrice, coordinatore della Dda partenopea, e i sostituti Henry John Woodcock e Celeste Carrano.

La Procura di Roma indaghera su tutti gli episodi di corruzione in Consip mentre a Napoli resterà l’indagine sull’associazione a delinquere di Romeo. Ovviamente il confine è una zona grigia non una linea netta. Se per esempio la presunta associazione a delinquere napoletana avesse avuto rapporti con soggetti che vivono in centro e nord Italia, compresa la Toscana, la competenza dei pm napoletani resterebbe. Per sapere se – a parte le fughe di notizie istituzionali – nell’indagine ci sono notizie imbarazzanti per il Pd e per gli amici di Matteo Renzi, insomma, bisognerà continuare a tenere d’occhio sia Roma che Napoli.

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